Si è aperto sabato nel tribunale rivoluzionario di Teheran il processo a carico di un centinaio di oppositori del regime arrestati dopo i disordini seguiti alla contestata rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, a quanto riferisce l’Associated Press. La stampa iraniana scrive che i manifestanti sono accusati di “attentato alla sicurezza nazionale, di aver sovvertito l’ordine pubblico e di atti di vandalismo”.
Secondo l’agenzia di stampa Fars, tra gli imputati figurano importanti esponenti riformatori tra cui l’ex vice presidente Mohammad Ali Abtahi, l’ex vice ministro degli Esteri Mohsen Aminzadeh, l’ex portavoce del governo Abdollah Ramazanzadeh, l’ex parlamentare Mohsen Mirdamadi e l’ex ministro dell’Industria Behzad Nabavi. Alla sbarra anche un collaboratore dell’ex presidente Mohammad Khatami. L’agenzia di stampa Irna ha precisato che a processo sono stati portati anche manifestanti fotografati mentre “stavano per commettere crimini”.
L’inizio del processo ha rinfocolato la rabbia dell’opposizione guidata da Mir Hossein Mousavi, il candidato riformista sconfitto da Ahmadinejad, che Mousavi accusa di aver vinto tramite massicci brogli. Prima dell’inizio del dibattimento da parte di detenuti rilasciati sono emersi raccapriccianti testimonianze del trattamento subito dai prigionieri.
I testimoni hanno parlato di 200 detenuti ammassati in un’unica cella buia e periodicamente picchiati a manganellate dalle guardie carcerarie. Altri hanno detto che molti prigionieri sono stati costretti ad inginocchiarsi ed a leccare le latrine. Ad altri sono state strappate le unghie. Si è inoltre appreso che un numero imprecisato di detenuti sono morti in prigione in circostanze misteriose, incluso il figlio di un importante esponente governativo che si era unito ai dimostranti. L’opposizione sostiene che svariati sono stati torturati per estorcergli false confessioni da usare nei processi.