La folla si raduna ancora una volta a Teheran, la gente scende di nuovo in piazza per manifestare il sostegno a Mousavi. Nulla di diverso dai giorni scorsi, se non fosse che il consiglio dei Guardiani ha aperto uno spiraglio verso il dialogo. Gli ayatollah hanno fatto dietro front per un attimo, nel tentativo di disinnescare la bomba post-elettorale e sedare l’oltraggio e lo scandalo della protesta pubblica contro il regime.
Un piccolo passo, quello dei Guardiani della rivoluzione, realizzato attraverso un invito rivolto ai tre sfidanti alle urne, affinché si incontrino per esporre contestazioni e lamentele. Le 646 violazioni dei candidati saranno esaminate, ma le condizioni, i motivi e i tempi di questo momento cruciale del caos che sta avvolgendo Teheran dopo il voto del 12 giugno scorso sono ancora poco chiari.
Un’offerta strategica quella dei giuristi, controllati dalla Guida suprema, Ayatollah Ali Khamenei: forse rappresenta un modo per prendere tempo, per non sbagliare a gestire un impasse che potrebbe rivelarsi molto più intricata del previsto. Un simile impeto di protesta non si verificava dai tempi della Rivoluzione del ’79 (anche se le parti si sono invertite) e ha assunto i toni di una sfida aperta alle autorità .
L’intento del governo sarebbe quello di dimostrare, attraverso questa duplice tattica di opposizione e concessione, l’esistenza di un vero e proprio complotto da parte dei nemici stranieri che attentano alla sicurezza nazionale, fomentando i focolai di malcontento e disagio, legati agli sfidanti delusi dai risultati elettorali.
L’appuntamento per questa ennesima manifestazione è nella piazza centrale di Teheran, intitolata al padre della rivoluzione, l’imam Khomeini: una folla carica che, vestita di nero, si muove in avanti, con la fascia verde al collo e dei fiori bianchi tra le dita.