La repressione delle forze di sicurezza che ha causato la morte di almeno 19 dimostranti e l’arresto di centinaia in Iran sembra aver per il momento posto termine alla sollevazione popolare contro le contestate elezioni del 12 giugno che hanno riconfermato il presidente Mahmoud Ahmadinejad, ma un’altra sfida alla leadership degli ayatollah si prepara mercoledi, a quanto riferisce la Reuters.
Il candidato riformista sconfitto, Mir Hossein Mousavi, e il Grande Ayatollah dissidente, Hossein Ali Montazeri, agli arresti domiciliari da un decennio nella città santa di Qom, hanno entrambi esortato la popolazione a celebrare riti di lutto in memoria delle vittime della sanguinosa repressione nelle strade di Teheran. Se queste cerimonie si svolgeranno e se possano degenerare in nuove proteste resta una questione aperta.
C’è però un fatto nuovo che potrebbe ridare vigore a quanti sono scesi nelle strade della capitale nei giorni scorsi. Per la prima volta da quando l’Iran è piombato nel caos, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha smesso di nascondersi dietro un dito con deboli dichiarazioni di condanna e martedi ha usato parole forti.
Il capo della Casa Bianca si è detto ”oltraggiato e allibito” dalla repressione in Iran, mettendo così in dubbio, come rileva il Wall Street Journal, la strategia seguita finora: e cioè di non calcare troppo la mano con le critiche al regime per non compromettere le sue intenzioni di dialogo con Ahmadinejad.
In una conferenza stampa a Washington, Obama ha evitato di rispondere a chi gli ha chiesto se avesse ancora intenzione di avviare contatti diretti con la leadership iraniana, affermando invece che attenderà ”per osservare gli sviluppi della crisi”. Nel 2009, ha avvertito Obama, ”nessun pugno di ferro è abbastanza forte da impedire la ricerca della giustizia”.
La sensazione che Obama stia meditando di cambiare strategia è stata rafforzata da funzionari della Casa Bianca secondo i quali, riferisce il Wsj, l’invito fatto pervenire l’8 aprile a Teheran per negoziati senza precondizioni è ancora valido, ma le vittime e l’ondata di arresti seguite alle elezioni ”pongono ora ulteriori ostacoli al ravvicinamento” tra Stati Uniti e Iran.