Iran/Con l’opposizione repressa e intimidita, riuscirà la leadership a sanare le profonde divisioni interne che la minacciano?

Giorno dopo giorno la leadership iraniana sta respingendo gli attacchi alla sua autorità mediante sanguinose repressioni nelle strade di Teheran e costrizioni che limitano i leader dell’opposizione alle elezioni del 12 giugno a poco più che dichiarazioni indignate sui loro siti,  quanto scrive il New York Times.

Due settimane dopo le elezioni che hanno decretato vincitore con molti dubbi il presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad, il candidato riformista sconfitto, Mir Hossein Mousavi, ha rilasciato una dichiarazione che sottolinea il suo impegno a continuare la lotta ma anche la sua impotenza di fronte ad un regime sempre più imbaldanzito e repressivo.

Mousavi non ha una organizzazione politica cui affidarsi, osserva il Times, e durante l’apice delle proteste ha attratto grandi folle più in ragione di a chi si opponeva che per quello che politicamente rappresentava. Rabbia e risentimento verso la leadership ci sono ancora, ma manca una organizzazione politica che possa incalanarle. Il regime è riuscito a intimidire i rappresentanti dell’opposizione, che hanno fatto marcia indietro dall’atteggiamento di sfida e contestazione.

Nondimeno, qualche segno di resistenza è rimasto. Alcuni membri della leadership hanno espresso disgusto alla vista di dimostranti disarmati picchiati o uccisi dalle forze governative. E solo 105 dei 290 membri del parlamento hanno preso parte martedi ad un ricevimento per festeggiare la vittoria di Ahmadinejad. L’assenza di tanti deputati, incluso lo speaker, Ali Larijani, un influente conservatore, secondo il Times è ”impressionante”.

Per evitare la violenta repressione delle manifestazioni stradali, la gente ha trovato altri modi, meno rischiosi, per esprimere il proprio dissenso. Come ai tempi delle dimostrazioni contro lo Scià nel 1979, cresce di giorno in giorno il numero degli iraniani che alle 10 di sera salgono sui tetti gridando ”Dio è grande” e ”Morte al dittatore”.

In un’altra indicazione del disaccordo all’interno della leadership, il Grande Ayatollah Nasser Makarem-Shirazi ha auspicato ”la riconciliazione nazionale” e le sue parole sono state riportate sul sito web della Tv di stato.

Quindi, osserva il Times, ora che le proteste nelle piazze sono state represse, la questione più importante è vedere se la leadership riuscirà a sanare le profonde divisioni al suo interno, che rappresentano la più seria minaccia al sistema nei suoi 30 anni di storia.

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lgermini