Chi pensi a Kafka anche solo distrattamente lo immagina come un Leopardi un po’ più moderno: contrordine, il genio di Praga era un playboy impenitente, innamorato della vita e sicuro di sé.
La reputazione che circonda Franz Kafka – uomo schiacciato dal mondo e incapace di accettare serenamente la propria condizione – è basata su un ponderoso palinsesto di luoghi comuni e inesattezze, che ne stravolgono l’autentica personalità consegnandoci un’esistenza che ci allontana dal comprendere l’essenza dello scrittore.
Una nuova accurata biografia di James Hawes smonta uno per uno pregiudizi e false piste. In “Exavating Kafka” vengono messi all’indice i miti dell’accademia, l’industria turistica e i lettori moderni, colpevoli di aver cucito addosso a Kafka un vestito non suo.
Kafka era ricco di famiglia e lavorava per una grande compagnia d’assicurazione avendo tutto il tempo per godersi il resto della vita. Andava a donne compiacendo un’attitudine libertina, era astemio, vegetariano e curava la forma tanto da poter essere descritto come un “culturista”. La tisi, male ineluttabile e tara mortifera, se la procurò bevendo latte non pastorizzato.