Kennedy, Edward e i fratelli. Mito, sogno, leggenda

La morte di Edward Kennedy è stata accolta in Italia come quella di un caro parente o di un eroe. Continua il mito dei Kennedy, che, in paese provinciale come l’Italia, ha avuto e ha una presa che non ha in nessuna altra parte del mondo, a cominciare dall’America.

In Italia in mito si è congelato a Dallas, è entrato nella galleria dei santi contemporanei.

In America il mito dei Kennedy, forse il primo capo di stato imposto dalla televisione, si è dovuto misurare con la lenta corrosione delle polemiche su brogli elettorali in Illinois e Texas che lo avrebbero favorito, il fallimento della politica della Grande Società decretato da un altro presidente democratico; Bill Clinton, con la tragedia della guerra del Vietnam, da Kennedy avviata; con la controversa figura di Robert Kennedy, morto ammazzato ma anche personaggio capace di dividere per le sue visioni e i suoi comportamenti politici estremi; con i precedenti del padre, Joseph, vicino al nazismo; con lo scadimento nella cronaca mondana della vedova di John, Jacqueline e del figlio, John.

La misura del ridimensionamento dei Kennedy alla posizione di notabilato di partito la si è avuta pochi mesi fa, quando la figlia di John, Caroline, manifestò l’idea di prendere il posto al senato lasciato libero da Hillary Clinton, diventata nel frattempo segretario di stato. Mezzo partito democratico insorse, giudicò la pretesa dell’ultima Kennedy come il capriccio di una signora ricca e blasonata e venne scelto un oscuro militante che si era fatto tutta la gavetta.

Ted Kennedy ha beneficiato dell’alone del mito che ha circondato il martirio dei fratelli maggiori. Ma l’America, dove la memoria collettiva è maggiormente radicata che da noi e dura più a lungo, non gli ha mai perdonato l’ignobile comportamento tenuto nell’incidente d’auto in cui morì annegata nella baia di Chappaquiddick una umile segretaria con cui probabilmente aveva passato una serata fuori ordinanza. L’incidente lo squalificò da una eventuale candidatura presidenziale e lo relegò al ruolo di capo del clan di famiglia e di padre nobile del partito, il cui peso morale cresceva col crescere degli anni e il calare del peso politico.

I miti sono belli, danno una prospettiva a vite che ne sono normalmente prive, ma sono anche pericolosi, perché fanno perdere serenità di giudizio. Sollevare il manto del mito e guardare un po’ sotto cosa c’è, aiuta a mettere le cose in prospettiva e capire meglio anche le tristezze in cui siamo immersi.

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