Durante nove mesi, il New York Times ha potuto tenere nascosto al mondo la notizia del rapimento di Rhodes, reporter rapito dai talebani insieme al suo autista e al suo interprete, fino a quando la settimana scorsa il giornalista è riuscito a fuggire dai suoi carcerieri scavalcando il muro di cinta della casa in cui era detenuto. Il quotidiano ha poi celebrato la notizia della riacquisita libertà e ha giustificato la sua politica censoria. Secondo il suo direttore, l’atteggiamento del Times avrebbe incrementato le chance di salvezza di Rhodes.
Tuttavia, la politica del Times scatena polemiche nell’epoca delle open sources e dell’informazione globale. Anche perché si è scoperto che anche l’enciclopedia partecipativa Wikipedia ha collaborato all’imposizione del silenzio. Con l’aiuto del fondatore, Jimmy Wales, una battaglia telematica di diversi mesi è stata ingaggiata tra i redattori del sito ed un anonimo collaboratore che voleva “postare” la notizia del rapimento di Rhodes dalla California. L’utente censurato, infuriato, ha insultato i redattori ed ha ripetutamente, ossessivamente, cercato di pubblicare la notizia per sette mesi, senza successo.
Alla fine, quando, dopo mesi di tensione per la famiglia e i colleghi di Rhodes, il reporter è riuscito rocambolescamente a fuggire dalla sua prigione in Pakistan, Wikipedia e il New York Times hanno infine pubblicato la notizia che avevano a lungo tenuto nascosta. Tuttavia, la facilità con cui questa censura è stata applicata da parte di un organismo di informazione che si propone come libero, indipendente, controllato dal basso, non poteva non destare qualche reazione di sospetto.