La Stampa pubblica un commento di Francesco Ramella sullo stato della politica in Italia intitolato ”I paradossi di questa democrazia”. Lo riportiamo di seguito:
”Mai come oggi la Seconda Repubblica appare come una democrazia dei paradossi. Da un lato, la nuova legislatura si è aperta in un clima diverso dal passato, preannunciando una fase costituente basata sul consenso bipartisan. Dall’altro, quasi subito si sono riaffacciate tutte le divisioni che da molto tempo tormentano il nostro Paese. Nei giorni scorsi il governo ha alternato posizioni contraddittorie sul dialogo per le riforme istituzionali. Berlusconi ha pronunciato parole di chiusura, accusando di slealtà l’opposizione. Tremonti, al contrario, ha lanciato messaggi più incoraggianti, affermando che nell’ultimo decennio – seppure tra molte lacerazioni – la trama delle riforme non si è mai interrotta. Alcuni dati sul versante dell’opinione pubblica sembrerebbero dargli ragione, indicando che la turbolenta transizione avviata nei primi anni ’90 sembra aver prodotto qualche effetto.
Pochi se ne sono accorti, ma negli anni passati il giudizio dei cittadini sul funzionamento della nostra democrazia ha conosciuto un sensibile miglioramento. Nel 2006, per la prima volta, i sondaggi Eurobarometro, condotti in tutti i paesi dell’Unione europea, hanno rilevato che la maggioranza degli italiani (il 53%) era soddisfatta della propria democrazia. Un valore non distante dalla media europea (56%). Siamo ancora lontani dalla serenità che si respira nei paesi dove oltre il 70% dei cittadini sono contenti del funzionamento delle proprie istituzioni (Danimarca, Lussemburgo, Finlandia, Irlanda, Austria, Olanda, Svezia e Spagna). E tuttavia non c’è di che lamentarsi visto che ci troviamo vicini alla Germania (55%) e, una volta tanto, ci lasciamo alle spalle gli amati-odiati cugini francesi (45%).
Si tratta di un dato sorprendente mai registrato a partire dal 1973, anno di avvio di queste inchieste. L’Italia, infatti, è sempre stata il fanalino di coda dei paesi europei. Negli anni ‘70 e ‘80 tra i due terzi e i tre quarti degli italiani dichiaravano una profonda insoddisfazione per le prestazioni del nostro sistema politico. Il massimo viene raggiunto al culmine della crisi della Prima Repubblica (1992-93), quando la percentuale dei delusi raggiunge addirittura l’85%. Questi livelli di insoddisfazione – che in tutti i paesi risentono della congiuntura economico-politica, ma che riflettono anche le attitudini di fondo verso le istituzioni nazionali – iniziano a calare verso la metà degli anni ‘90, riducendo la nostra distanza dall’Europa. A cosa è dovuto il miglioramento? Alla rimozione della conventio ad excludendum che assicurava alla Dc le redini del governo. Con l’avvento della Seconda Repubblica viene realizzata l’alternanza di schieramenti contrapposti. Non casualmente i sondaggi Eurobarometro registrano i dati migliori negli anni delle consultazioni regionali e politiche del 2000-01 e del 2005-6, quando si verificano dei sensibili cambiamenti politici. In altre parole: l’alternanza al governo di maggioranze di centro-destra e centro-sinistra è apprezzata dai cittadini italiani.
La democrazia bloccata, tuttavia, non era fondata solamente sull’inamovibilità della Dc. Come ha spiegato a lungo Giovanni Sartori, quella era solo la conseguenza della delegittimazione a governare delle due ali estreme di sinistra e di destra. La Seconda Repubblica ha rimosso anche questo ostacolo? La risposta è no. Sul fronte del centro-destra, Berlusconi ha fatto tutto il possibile per riattivare un codice amico-nemico incentrato sull’anti-comunismo, che ha gettato cupi sospetti sull’affidabilità democratica degli avversari. Sul fronte del centro-sinistra la discriminante anti-Berlusconi e la battaglia sul conflitto di interessi hanno prodotto lo stesso effetto. Ciò che maggiormente inquieta è che questa spirale di delegittimazione reciproca ha influenzato profondamente l’opinione pubblica, alimentando le pulsioni antipolitiche che agitano una parte del Paese. Sotto questo profilo, la Seconda Repubblica non ha ancora normalizzato del tutto il nostro sistema politico. Ha prodotto invece un’alternanza senza legittimazione, cioè una «democrazia con la condizionale», in cui la fiducia alle istituzioni e l’autorità ai governi vengono concesse solo a condizione che al potere sieda la propria parte politica. E’ a questa anomalia che un’intesa bipartisan sulle regole di fondo dovrebbe porre rimedio”.