La dieta occidentale può avere un impatto sull’infiammazione intestinale

Le patologie croniche legate al metabolismo e al sistema immunitario sono in costante crescita. In questo contesto, la dieta occidentale è sotto esame per il suo potenziale impatto negativo sull’infiammazione intestinale e sullo sviluppo di condizioni croniche. Il microbioma intestinale, con il suo ruolo cruciale nel mantenimento della salute, sembra essere un intermediario chiave in questa relazione. Recenti studi hanno evidenziato come la dieta occidentale possa alterare il microbioma, portando a squilibri che favoriscono l’insorgenza di malattie croniche.

Ricercatori italiani hanno pubblicato una panoramica della ricerca sulla rivista Best Practice & Research Clinical Gastroenterology, evidenziando l’effetto che la dieta può avere sul rischio di sviluppare condizioni tra cui la malattia infiammatoria intestinale (IBD) e il morbo di Alzheimer. 

Cos’è la dieta occidentale?

La dieta occidentale è caratterizzata da un elevato consumo di grassi saturi, zuccheri raffinati, sale, carne rossa e lavorata, e alimenti ultraprocessati. Contiene poche fibre, vitamine, minerali e molecole di origine vegetale come gli antiossidanti. Inoltre, è povera di frutta e verdura fresca, cereali integrali, noci, semi e pesce. Questo regime alimentare, diffuso nei paesi sviluppati, è associato a vari problemi di salute, tra cui obesità, malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.

Il microbioma intestinale è un ecosistema complesso composto da miliardi di microrganismi che vivono nel tratto gastrointestinale umano. Questi microrganismi svolgono ruoli vitali nella digestione, nella sintesi di vitamine e nella modulazione del sistema immunitario. Una dieta povera di fibre e ricca di grassi e zuccheri può alterare significativamente la composizione del microbioma, portando a una condizione chiamata disbiosi.

Akkermansia muciniphila e Faecalibacterium prausnitzii sono due specie batteriche benefiche che aiutano a mantenere l’integrità del rivestimento intestinale e hanno proprietà antinfiammatorie. Studi hanno dimostrato che una dieta ricca di grassi saturi riduce i livelli di questi batteri, compromettendo la barriera intestinale e favorendo l’infiammazione. Allo stesso modo, una dieta povera di fibre diminuisce la produzione di acidi grassi a catena corta, essenziali per la salute del rivestimento intestinale e la regolazione delle cellule T, componenti chiave del sistema immunitario.

Disbiosi e condizioni croniche

La disbiosi intestinale è strettamente legata a diverse condizioni croniche. Quando le popolazioni microbiche sono squilibrate, il sistema immunitario può reagire in modo eccessivo, causando infiammazione cronica. Questa infiammazione è alla base di molte malattie, tra cui la malattia infiammatoria intestinale (IBD), il diabete di tipo 2 e persino alcune malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.

Dieta occidentale e malattia infiammatoria intestinale

La malattia infiammatoria intestinale, che comprende la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, è una condizione debilitante caratterizzata da infiammazione cronica del tratto gastrointestinale. Studi hanno rilevato che il consumo frequente di fast food e alimenti processati aumenta il rischio di IBD. La dieta occidentale, con il suo elevato contenuto di grassi saturi, zuccheri e carne lavorata, contribuisce all’infiammazione e alla disbiosi, creando un ambiente favorevole allo sviluppo dell’IBD.

Il microbioma intestinale è anche coinvolto nella salute del cervello attraverso l’asse intestino-cervello. Le diete ad alto contenuto di grassi saturi e zuccheri sono state associate a una ridotta funzione cognitiva in studi su modelli animali. Inoltre, i prebiotici e i probiotici hanno mostrato potenziali benefici nel migliorare i sintomi della malattia di Parkinson e del disturbo depressivo maggiore. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno questi meccanismi e il loro impatto sulla salute mentale umana.

Sindrome metabolica e diabete di tipo 2

La sindrome metabolica, che include obesità, ipertensione, dislipidemia e resistenza all’insulina, è un precursore del diabete di tipo 2. La disbiosi intestinale è stata collegata a un aumento dell’infiammazione sistemica, che contribuisce allo sviluppo della sindrome metabolica. La dieta occidentale, con il suo alto contenuto di alimenti ultraprocessati e zuccheri, può alterare il microbioma intestinale, favorendo l’infiammazione e il rischio di obesità e diabete.

La disbiosi intestinale porta a una compromissione della barriera intestinale, permettendo ai batteri patogeni e alle tossine di entrare nel flusso sanguigno. Questo processo, noto come permeabilità intestinale aumentata o “leaky gut”, è un fattore chiave nell’infiammazione sistemica. I batteri come Bacteroides vulgatus e Bacteroides dorei, che svolgono un ruolo nel mantenimento del rivestimento intestinale, sono spesso ridotti nelle persone con dieta occidentale, contribuendo alla permeabilità intestinale.

Gli additivi alimentari, come i dolcificanti artificiali, sono comuni nella dieta occidentale e possono avere effetti negativi sul microbioma intestinale. Studi hanno dimostrato che questi additivi possono ridurre i livelli di bifidobatteri, batteri benefici che promuovono la produzione di citochine antinfiammatorie e supportano la salute intestinale. La riduzione di bifidobatteri può contribuire all’infiammazione e al rischio di condizioni croniche.

Il microbioma intestinale non è solo un fattore di rischio, ma anche un potenziale bersaglio terapeutico per le condizioni croniche. Modificare la dieta per includere più fibre, frutta, verdura e alimenti fermentati può aiutare a ripristinare un microbioma sano. Prebiotici e probiotici sono in fase di studio come possibili interventi per migliorare la composizione del microbioma e ridurre l’infiammazione. Questi approcci potrebbero offrire nuove strategie per la prevenzione e il trattamento delle malattie croniche legate alla dieta.

Published by
Claudia Montanari