di Michele
Io amo l'Italia perché è la mia terra, qui è la mia casa, ma oggi sono triste. Leggendo i giornali mi sono imbattuto in due storie di ordinaria ingiustizia. A Roma i giudici hanno negato l'ergastolo al giovane romeno che, nell'ottobre 2007, uccise a bastonate dopo averla violentata la signora Giovanna Reggiani. I giudici hanno ritenuto che i 29 anni di carcere inflitti all'assassino siano sufficienti a lenire il dolore del marito e dei familiari della povera donna. Ma quel che più mi disorienta è il contenuto della sentenza, dove si legge che "la Corte non può non rilevare che omicidio e violenza sessuale sono scaturiti del tutto occasionalmente dalla combinazione di due fattori: la completa ubriachezza dell'aggressore e la fiera resistenza della vittima". Che significa questo? Che la signora Reggiani avrebbe fatto meglio a starsene zitta e buona mentre il suo carnefice faceva i porci comodi? Seconda storia triste: niente ergastolo anche per l'assassino di Maria Antonietta Multari, la ragazza uccisa a coltellate in una strada di Sanremo nell'agosto 2007 dal suo ex fidanzato, che nei mesi precedenti il delitto l'aveva pure molestata. I giudici lo hanno condannato a poco più di 16 anni di carcere riconoscendogli la seminfermità mentale, fra la rabbia e lo strazio in aula dei genitori della povera ragazza. E sempre lo stesso uomo è accusato anche dell'assassinio di Luciana Biggi, un'altra sua "ex", per cui è in attesa di giudizio. Immagino che non sia facile essere un magistrato nel nostro Paese, ma in queste due storie sembra specchiarsi una giustizia ingiusta e incurante delle legittime aspettative della gente.