La Stampa pubbica un commento i Marcello Sorgi sulle polemiche seguite alle dichiarazioni sul fascismo di Alemanno e La Russa intitolato ”Il costo delle abiure”. Lo riportiamo di seguito:
A sessantacinque anni dall’8 settembre 1943, e in un periodo in cui tutte le forze politiche sono da tempo pienamente legittimate, non vi dovrebbero essere più ragioni di polemiche e divisioni sulla ricostruzione e sulla valutazione di uno dei periodi più difficili della recente storia italiana.
Se invece si riaffacciano, com’è accaduto ieri, neanche tanto velatamente, ad opera del ministro della Difesa La Russa nei confronti del presidente della Repubblica Napolitano, una ragione deve esserci: forse cominciano a sembrare alti i costi delle abiure e delle revisioni storiche del passato, che a destra e a sinistra, negli anni della Seconda Repubblica, avevano aperto a post-fascisti e post-comunisti la strada del governo, con un affrancamento che sembrava definitivo dalle scorie del Novecento.
In altre parole, se Fini, a conclusione di un percorso ultradecennale, aveva ritenuto tre anni fa, durante un viaggio in Israele, di proclamare il fascismo «male assoluto», mentre Alemanno, solo qualche giorno fa, ha dichiarato che il «male» furono le leggi razziali e non il fascismo nel suo complesso, e La Russa ieri ha ritenuto di celebrare con i partigiani romani i soldati della Repubblica Sociale, il motivo è lo stesso. La convinzione, o qualcosa di più, che in un’epoca di bipartitismo, in cui lo scontro è tra partiti e non tra coalizioni, lo spazio lasciato a formazioni estremistiche, che si avvalgono di argomenti nostalgici, debba essere ridotto anche a costo di qualche passo indietro. La nostalgia di Salò e del fascismo non sono «valori» che possano essere lasciati alla Destra di Storace e Santanchè.
Anche a sinistra da tempo sta accadendo qualcosa del genere. Nessuno o quasi, ovviamente, si sogna di rivalutare Togliatti. Ma di Berlinguer, che pure, dopo la caduta del Muro di Berlino e negli anni delle prime trasformazioni dal Pci al Pds, era stato mandato in soffitta, insieme con il nome «comunista», è ormai avvenuta una piena riabilitazione, tanto che l’ultimo grande leader di Botteghe Oscure siede oggi con De Gasperi nell’olimpo dei numi tutelari del Partito democratico. L’approssimazione con cui Veltroni ha voluto affiancare Berlinguer addirittura a Kennedy (!) è servita a conquistare al neonato Pd i voti di gran parte della sinistra radicale, rimasta fuori dal Parlamento. Ma sicuramente non ha contribuito a far chiarezza.
Così, Napolitano magari non s’aspettava che una cerimonia ufficiale si trasformasse in occasione di scontro, sia pure culturale. Nel suo discorso, il Capo dello Stato s’era mosso nel solco di Ciampi e della rivalutazione che il suo predecessore aveva fatto dei valori patriottici. In questo quadro, l’8 settembre – con la firma dell’armistizio tra Badoglio e Eisenhower, la vergognosa fuga del re e della famiglia reale dal Quirinale, la confusione, lo smarrimento del Paese, descritti magistralmente dalla figura del marinaio a cavallo che apre il film Tutti a casa – è il giorno più drammatico, di quel mese e mezzo cominciato il 25 luglio con la caduta del fascismo e del duce. Ma nel contempo, rappresenta l’inizio di una stagione di riscatto che si concluderà il 25 aprile 1945, con la Liberazione, la fine della guerra, e i partigiani che entrano nelle città del Nord a fianco dei soldati della Quinta Armata americana.
I fatti sono questi. E riconoscere, come già nel ’96 aveva fatto Luciano Violante, da sinistra e da presidente della Camera, la buona fede «dei vinti», dei ragazzi che «quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò», non può voler dire, anche adesso, mettere tutti sullo stesso piano. Come La Russa sa bene, la legittimazione del suo partito ha avuto un prezzo alto, pagato, oltre che con il cambio di nome e la rottura con le proprie origini, con l’adesione ai valori costituzionali e il riconoscimento, perfino, dei fondamenti dell’antifascismo.
Si dirà che la storia legittima tutti, presto o tardi. E qui – non dimentichiamolo – si parla della prima metà del secolo scorso. Al giorno d’oggi, con un governo di centrodestra in cui siedono per la terza volta ministri post-fascisti, e un Presidente della Repubblica che ha vissuto due terzi della sua vita politica tra i comunisti, fa effetto discutere ancora di queste vicende. Certe polemiche, certe divisioni, ormai potrebbero dirsi superate. Basterebbe poco, del resto: chiarezza e onestà intellettuale, come quella che i leader di destra (e di sinistra) hanno già dimostrato fino a qualche tempo fa.
