di Francesco
La protesta per la scuola è sacrosanta. Io, che sono un insegnante (precario), la vivo come una piccola rivincita del nostro ruolo sociale. C’è ancora qualcuno che ci vuole bene, tutto sommato. Ne ho fatte di proteste da studente: so quindi che la piazza ha qualche limite. Io spero davvero tanto che l’Onda, partita bene, non si perda per strada. La Gelmini ci sta mettendo sulla difensiva, ma in realtà, anche prima di lei, non avevamo tanto da difendere: la scuola italiana era ed è molto sgarrupata. Vorrei che la protesta non fosse solo una trincea. Ci sono cose che io vorrei chiedere per me, e che servirebbero agli studenti: vorrei che qualche preside mi facesse un colloquio prima di assumermi (ma oggi i presidi non assumono), che mi venisse chiesto il curriculum (dove c’è qualche accenno concreto a quello che so fare), che sparissero quelle regole che ci costringono a cercare lavoro in una sola provincia (e non capirò mai il perchè: se a Torino o a Palermo hanno bisogno di un insegnante e non ne trovano, io non mi posso fare avanti, perchè le graduatorie sono provinciali…Comunque è anche per questo che le cattedre sono tanto ballerine, come nel gioco delle sedie). In questo momento gli insegnanti di ruolo mi sembrano l’ennesima casta. Ma non so se tutto ciò entrerà nella protesta: siamo più bravi a difendere la strada vecchia che a prenderne di nuove. Io temo che, se si dovesse mai aprire una trattativa, otterremo solo che non cambi nulla. Un abbraccio agli studenti e alla loro passione: è da loro che mi aspetto molto, in classe come in piazza.