I simboli del rutellismo al potere ci sono tutti, Gentiloni, Lanzillotta, Lusi, Lusetti, Zanda, i teodem Bobba e Binetti, ma dov’è Veltroni? Dove sono Fioroni, Franceschini, Fassino? D’Alema ha mandato il portavoce e la capo ufficio stampa ma lui no, non è venuto. «Mi hanno lasciato solo — si sfoga riservatamente Rutelli con i collaboratori più fidati —. Mi hanno mandato a sbattere in una città devastata, ridotta allo stremo. Il degrado, la sicurezza… Ho pagato la domanda molto forte di discontinuità con la gestione precedente, un’onda che ci ha travolto tutti».
E i suoi vanno oltre, parlano senza filtri di «complotto» e «agguato premeditato», scagionano la sinistra e puntano il dito in casa propria, dietro le quinte del Pd. «Ci hanno mandato al suicidio — accusa il tesoriere Luigi Lusi —; hanno usato Francesco per uccidere a freddo Veltroni. Non è possibile che Alemanno abbia preso centomila voti in più e noi 70 mila in meno, qui i conti non tornano». Lo dice anche Rutelli in 4 minuti di conferenza stampa, rinnova «auguri sinceri» al vincitore — al quale ha telefonato — e dice che bisognerà «capire chi sono i centomila che al ballottaggio si sono astenuti», bisognerà «analizzare molto bene perché tanti romani abbiano votato per Zingaretti e Alemanno» e non per lui.
«È lo schema Andreotti rovesciato» prova a spiegargli l’assessore Giancarlo D’Alessandro, citando il senatore a vita che ha scelto l’aspirante sindaco del Pd e il candidato della destra alla Provincia, Antoniozzi. Rutelli annuisce e quasi quasi al complotto mostra di crederci anche lui: «È così, ma almeno Andreotti lo ha dichiarato». L’onorevole Roberto Giachetti sente puzza di bruciato, sa bene che a tanti romani «Francesco non sta simpatico» ma sa pure che la spiegazione non può essere questa: «In troppi hanno votato Zingaretti e Alemanno, vuol dire che la dinamica è un po’ più scientifica». Vuol dire, spiegano i rutelliani, «che «interi pacchetti di voti» sarebbero stati pilotati ad arte e Arnaldo Sciarelli, commissario straordinario della società Arcus, è anche convinto di sapere da chi: «È iniziata la resa dei conti dalemiana».
Poco più in là Bettini e Patrizia Sentinelli per poco non vengono alle mani. «Siete stati voi della "Cosa rossa", d’altronde Marco Rizzo lo ha perfino detto che votava Alemanno» grida il coordinatore dei democratici. E la rifondarola cui era destinato il posto di vicesindaco, rossa in viso per la rabbia: «Ma se noi tutti quei voti nemmeno li abbiamo! Non essere ridicolo e guarda in casa tua, a tutti quelli che hanno votato Zingaretti e non Rutelli». Quanto rancore e quanti veleni, nel loft di via Pacinotti. L’ex sindaco aveva accettato la sfida riluttante però convinto di partire con quindici-sedici punti di vantaggio e adesso che il «modello Roma» è rovinosamente crollato i rutelliani temono di restare senza niente in mano: non un incarico di prestigio al vertice del Pd e nemmeno più una sede, visto che nella meravigliosa casa della «fu» Margherita stanno traslocando Veltroni e i suoi.
Ombre, sospetti, paure che Rutelli ha scritti in volto quando compare davanti alle telecamere e pronuncia parole che sanno di commiato: «Ho fatto il mio dovere con generosità, sapendo che le difficoltà erano molte. Nella mia vita pubblica ho avuto tante soddisfazioni e, oggi, una sconfitta e una amarezza grande…».