Tre lettere nere, allacciate su sfondo color crema: YSL, Yves Saint-Laurent, un modo di vestire, di essere diversi e di provocare. L’uomo che ha cambiato il modo di vestire della donna nel XX secolo, ridisegnandone le linee, é morto nella sua casa parigina dopo una lunga malattia. Sei anni fa l’addio all’alta moda. Ad annunciarlo, semplicemente, il suo socio e compagno di una vita, Pierre Bergé. Settantuno anni, il genio di Yves Saint-Laurent aveva brillato precocissimo: a 17 era arrivato a Parigi dall’Algeria – era nato a Orano – e appena un anno dopo era il braccio destro di Christian Dior. Tre anni ancora e, alla morte del maestro, ne assume l’eredità .
Alla sua prima sfilata, appena 12 mesi più tardi, Saint-Laurent dice addio al vitino di vespa che ancora nel dopoguerra continua ad essere il marchio insostituibile del vestire femminile e volta pagina. Cavalcando e anticipando l’emancipazione femminile, la modernità e le esigenze di libertà e dinamismo del mondo contemporaneo, ebbe il coraggio di contaminare gli stili e lanciò la linea ‘Trapeze’, che fu subito un trionfo. Il mondo della moda, orfano di Dior, va in estasi per il giovanotto timido e con gli occhialoni, ma quando viene richiamato sotto le armi per il servizio militare – ebbe un esaurimento nervoso e lo riformarono – la maison parigina lo sostituisce con Marc Bogan. Trascorre un anno e Yves Saint-Laurent si mette in proprio, prima aprendo una boutique nel XVI arrondissement, poi accanto agli Champs-Elysees.
Da subito, nasce la collaborazione e la relazione di una vita, con Pierre Bergé che gestisce e coordina laddove il genio di Saint-Laurent crea e inventa. Il suo colore naturale, il suo rifugio è il nero. Nere sono le tre iniziali che fanno il giro del pianeta inventando la potenza del logo, nero è lo smoking che resta il suo abito preferito e che lo stilista fa indossare indifferentemente a uomo e donna. Ma disegna e crea da maestro con i colori e anche i più vivaci, ispirando i suoi modelli e le sue collezioni a celebri quadri di Mondrian, Picasso, Matisse o Van Gogh o ai suoi viaggi più esotici.
Saint-Laurent è stato per anni anche sinonimo di gusto per lo scandalo e la provocazione, dalla collezione ’40’, ispirata agli anni bui della guerra, a quando nel 1971 posò egli stesso nudo per ‘Homme’ il suo profumo. Sei anni dopo ‘Opium’, un altro nome che irritava i benpensanti, un altro profumo, un altro trionfo. Grandi artisti di tutto il mondo del XX secolo furono suoi amici e collaborarono con lui, da Marguerite Duras a Jean Cocteau ma la parabola di Saint-Laurent fu anche quella di un uomo che soffriva e che neppure con l’arte riuscì ad esprimere tutto il malessere interiore. Soltanto la creazione e l’intesa con Bergé furono i suoi appigli sempre positivi: "Yves – scrisse una volta il suo compagno – ha scritto in modo magistrale una delle pagine più belle del genio francese. Ciò dovrebbe renderlo felice. Ma crederlo significherebbe ignorare che la creazione celebra semre le nozze del talento e della sofferenza".
Stanco e già ammalato, nel 2002 Yves Saint-Laurent si ritirò dall’attività e il velo di tristezza dietro le lenti dei suoi occhiali squadrati apparve in tutta la sua evidenza: "ho conosciuto la paura e la solitudine terribile – disse – e quei falsi amici che sono i sedativi e gli stupefacenti. La prigione della depressione e quella delle case di cura".
