La rivolta dei migranti
Gli immigrati fuggiti dal Cpa, si stanno dirigendo in questo memento verso la piazza del Municipio di Lampedusa chiedendo aiuto. Il corteo corre lungo la strada senza essere bloccato dalla polizia che rimane affiancata lungo il percorso senza intervenire. Già ieri alcuni migranti si erano allontanati dal Cpa, ma erano stati poi rintracciati dalle forze dell’ordine e fatti rientrare. Gli immigrati lamentano di essere trattati «in modo poco dignitoso». «Abbiamo freddo – dice un africano giunto a Lampedusa dalla Tunisia – io ho bisogno dell’insulina, ma non ce n’è. Siamo qui da oltre 30 giorni».
I clandestini in attesa di rimpatrio non vanno in continente
Nonostante le proteste dei lampedusani, è operativo da ieri mattina il nuovo Centro di identificazione ed espulsione (Cie) dell’isola. E grazie all’accelerazione degli accordi con i Paesi di partenza dei flussi di clandestini, si conta di concludere entro febbraio il piano di rimpatri per i migranti sbarcati. L’annuncio è stato dato dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, al termine del Consiglio dei ministri che ha dato l’ok alla sua «linea del rigore»: mantenere sull’isola gli immigrati per poi da lì rimpatriarli. Il Cie – individuato nella base militare semiabbandonata Loran, nella parte occidentale dell’isola, lontano dal centro abitato – si affianca al Centro di prima accoglienza (Cpa), stipato di 1.677 persone (la capienza è di 800).
Le rassicurazioni del governo
Secondo il premier Silvio Berlusconi, l’emergenza immigrati a Lampedusa è soltanto «contingente» e per questo «i cittadini devono stare tranquilli, la situazione è sotto controllo». Parlando ad Arzachena, in Sardegna, Berlusconi ha sottolineato: «Abbiamo fatto un lavoro importante con la Tunisia e direttamente con il presidente Ben Alì. Martedì Maroni si incontra a Tunisi con il ministro degli Interni tunisino e con Ben Alì, e stabilisce le modalità per fare rientrare 1.200 tunisini dalla Libia». «La situazione a Lampedusa – ha proseguito il presidente del Consiglio – è assolutamente contingente e non spostiamo questi extracomunitari in altri posti perchè abbiamo degli accordi di rientro. I cittadini devono stare tranquilli, la situazione è sotto controllo e soprattutto faremo cose per compensarli da questo disagio».
La protesta degli abitanti dell’isola
Malcontento anche tra la popolazione autoctona per i disagi causati dal centro di accoglienza. Ieri gli isolani sono scesi in piazza contro la decisione del ministro Maroni di istituire un centro di identificazione ed espulsione. «I lampedusani sono da sempre un popolo accogliente, ma adesso la gente è esasperata -ammette padre Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa-. Il Centro di identificazione ed espulsione dei clandestini non è la soluzione adatta a risolvere l’emergenza immigrazione. Sarebbe più utile un pattugliamento delle coste libiche, da cui questi disperati partono. La creazione del Cie rischia di trasformare l’isola in un carcere a cielo aperto e gli isolani contestano soprattutto l’ipotesi di vedere ammassati sull’isola 5-6mila persone in condizioni umanitarie assolutamente discutibili».
A Lampedusa delegazione del Pd: situazione disumana
Per protestare contro la decisione del Viminale ieri Lampedusa si è fermata con uno sciopero generale proclamato dal Consiglio comunale, che ha visto un’adesione di massa. «C’era quasi tutto il paese in corteo» ha confermato padre Nastasi. Sottolineando che i lampedusani chiedono una «maggiore presenza dello Stato, non certo una militarizzazione dell’isola». Il parroco dell’isola lancia poi due appelli, il primo al presidente della Repubblica perchè «si faccia da garante nei confronti dei bisogni degli abitanti» e il secondo al Santo Padre affinchè prenda una «posizione più chiara sul fenomeno». Ieri sull’isola, per verificare le condizioni all’interno del centro di prima accoglienza, al collasso dopo gli arrivi degli ultimi giorni, è arrivata anche una delegazione di parlamentari del Pd, guidata dal vicesegretario del partito Dario Franceschini. «Quello che ho visto oggi – ha detto – non è degno di un Paese che ha la cultura giuridica del rispetto della legge e i valori della solidarietà nella sua storia e nel suo Dna».