di Roberto
Si direbbe, ahimè, che nel nostro disgraziato Paese la faziosità sia una vocazione generale e perenne. Tutte le occasioni e tutti i mezzi sono buoni pur di dividere, piuttosto che aggregare, distinguere se stessi dagli altri, piuttosto che accettare quelle regole del rispetto degli altri, tanto più se da noi diversi, le quali col garantire una pacifica convivenza favoriscono la partecipazione di tutti alla vita di una comunità . Queste considerazioni mi sono suggerite dalla proposta del nuovo sindaco di Roma di dedicare una via a Giorgio Almirante. Beninteso, la prassi è tutt’altro che nuova e comune a tutte le amministrazioni locali di ogni colore. A Firenze si è dedicato un luogo a Bruno Fanciullacci, l’uccisore di Giovanni Gentile. L’uso politico della toponomastica per imporre le memorie e i valori della fazione vincente, in forme di vere e proprie sopraffazioni perché di proposito si offendono i sentimenti altrui, è stata consuetudine di tutte le pubbliche amministrazioni fin dalla nascita dello Stato unitario. E io provo vergogna e tristezza, perché sono anche prove di stupidità , davanti alla presenza, alcuni esempi fra i tanti, delle vie dedicate ad Armando Diaz o a Vittorio Veneto nelle cittadine dell’Alto Adige, così come delle vie dedicate a Lenin, Palmiro Togliatti, Ho Chi Min in tanti ridenti borghi della Toscana (spesso gli stessi al cui ingresso figura l’insegna: "Comune denuclearizzato"!). Dove uno si aspetterebbe di trovare rispetto per i luoghi e le tradizioni locali: via del campanile, piazza del mercato, strada del poggio. E nei momenti di solitaria fantasticazione, immagino che se godessi di un potere assoluto, vorrei proibire drasticamente che intitolino luoghi pubblici a personaggi della vita politica che non siano defunti da almeno duecento anni. Credo che in tal modo si dimostrerebbe quanto meno l’intenzione che la vita del Paese non si debba più svolgere in un permanente clima di guerra civile.
