di Archangel
E’ la prova dell’esistenza di Dio. Sulle Olimpiadi tanto volute, e ad ogni costo, dai dirigenti di Pechino, incombe qualcosa di molto simile ad una piaga biblica, come punizione per la sanguinosa repressione in Tibet nello scorso marzo. Nella regione cinese della Mongolia Interna milioni di cavallette hanno invaso una superficie di 1,3 milioni di ettari facendo terra bruciata al loro passaggio ed ora puntano sulla capitale, dove l’8 agosto si apriranno i Giochi. Tra gli sciami dei voraci insetti e Pechino sono rimasti appena 430 chilometri di distanza, che potrebbero essere presto superati . La battaglia si annuncia difficile: 33 mila persone sono state mobilitate dal governo per combattere il flagello, e le "truppe" sono state armate con duecento tonnellate di pesticidi, centomila vaporizzatori e quattro aeroplani. "Siamo consapevoli del pericolo e ci stiamo adoperando per scongiurarlo", ha dichiarato Sun Weide, un portavoce del comitato organizzatore delle Olimpiadi. L’invasione delle locuste va messa in relazione ai sempre più frequenti capricci del clima. Nel nordovest del paese la primavera appena trascorsa ha fatto registrare infatti temperature più fresche del solito con il risultato, ha chiarito in un comunicato il ministero dell’Agricoltura cinese, che la schiusa delle larve è avvenuta più tardi del solito. "In molte zone vicine a Pechino gli insetti stanno vedendo la luce solo ora – ha avvertito la nota – e questo rende la minaccia ancora più concreta". Ma la piaga delle cavallette, l’incubo che milioni di insetti si avventino su Pechino durante i Giochi, non e’ la sola a preoccupare il regime. Colpa di andamenti stagionali sempre meno prevedibili è anche l’altra grossa grana con cui stanno facendo i conti in questi giorni gli organizzatori dei Giochi. Nel sudest del paese il caldo superiore alle medie, combinato con le forti piogge, ha innescato infatti una proliferazione di alghe nello specchio d’acqua antistante Quingdao, la città costiera scelta come sede per le gare di vela. Al momento 4000 persone sono impegnate a ripulire il campo di regata dalla massa di piante che ha colorato il mare di un intenso verde smeraldo. Uno sforzo che sino ad oggi ha permesso di raccogliere circa 150 mila tonnellate di alghe. Ora, nessuno pensa che i tanto contestati Giochi possano essere annullati per via delle cavallette e delle alghe (anche se i Tibetani potrebbero giustamente auguraselo), ma certo questi inaspettati capricci del clima non li aiutano. Gia’ nei giorni scorsi gli albergatori di Pechino hanno lanciato l’allarme: i loro alberghi sono in crisi e, soprattutto, vuoti. «La capitale cinese prevedeva di ospitare circa 500 mila turisti stranieri durante le Olimpiadi, ma le stime erano troppo ottimistiche», ha ammesso il presidente dell’Associazione per la ricerca economica delle Olimpiadi, Chen Jian. Le cause: da un lato il calo d’entusiasmo da parte di molti potenziali turisti per via della repressione in Tibet, dall’altro la reazione stizzita del governo cinese che nelle ultime settimane ha stretto un pesante giro di vite sul rilascio dei visti e inasprito i controlli per tutta la durata delle Olimpiadi e Paraolimpiadi (in settembre), vietando per esempio ogni genere di raduno spontaneo. Pechino teme l’occhio indiscreto dei turistì interessati ad alimentare i già tanti scandali. Cosi’ non solo è diventato molto difficile ottenere un permesso di soggiorno, ma anche un regolare visto turistico, che sulla cartà non richiederebbe una complessa documentazione. Alle centinaia di stranieri in coda ogni giorno, i funzionari richiedono la registrazione presso gli uffici di polizia, la prenotazione di un hotel o il contratto di affitto di una stanza, e un conto in una banca cinese con l’importo equivalente di 75 euro per ogni giorno di permanenza in Cina. Tutte cose che non contribuiscono ad incentivare l’afflusso turistico. Nel frattempo, non e’ ancora chiaro se e in quale misura si materializzera’ il boicottaggio della cerimonia inaugurale dei Giochi. La repressione in Tibet con le foto e i filmati dei monaci buddhisti insanguinati si allontana sempre piu’ nel tempo e i governi pensano piu’ ai rapporti commerciali con la superpotenza economica cinese che al triste destino dei tibetani.
