Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Franco Venturini intitolato ''Il teatrino di Guantanamo'' sulla possibilita' che i Paesi della Ue accolgano alcuni dei prigionieri del carcere sara' chiuso. Lo riportiamo di seguito:
''La richiesta più energica fu quella di Angela Merkel, in visita a Washington poco dopo essere diventata Cancelliere: la prigione di Guantanamo va chiusa, disse a uno stupefatto George Bush, perché la lotta al terrorismo non deve contraddire il rispetto dei diritti umani. Messaggi analoghi furono recapitati alla Casa Bianca da quasi tutti i governi europei, a tal punto che il campo di detenzione e gli abusi che vi si praticavano divennero una spina permanente nei rapporti transatlantici. Poi è venuto Obama. Un presidente molto diverso da Bush, che vuole riconciliare sicurezza e ideali e che come primo atto decide di chiudere Guantanamo. Europei in festa? Sì, ma anche prontissimi a voltarsi dall' altra parte. Obama deve affrontare questioni giuridiche complesse e anche il malumore di una parte dell' opinione pubblica americana. Chiede allora informalmente agli europei di dargli una mano, accogliendo una sessantina di ex detenuti senza carichi pendenti che rischierebbero la tortura o la morte se fossero rimandati nei loro Paesi d' origine. Ed è qui che il teatrino di Bruxelles alza il sipario. La chiusura di Guantanamo? Benissimo, siamo tutti con Obama. Sessanta ex reclusi da accogliere? Un momento, non la pensiamo tutti allo stesso modo, esamineremo la questione, ti faremo sapere caro Obama, e dopotutto la tua richiesta non era ufficiale. La Francia, il Portogallo e l' Italia guidano la pattuglia del «probabilmente sì». La Germania è divisa al suo interno. Londra dice di aver già dato. Il Nord Europa, l' Austria e i soci dell' Est sono tra i più scettici. E' vero, la chiusura di Guantanamo è eminentemente una «questione americana» come lo è stata la sua creazione. E' vero, negli Stati della Ue legislazioni e problemi di sicurezza sono diversi e consigliano una riflessione nazionale. Ma quel che è soprattutto vero è che per gli europei nulla potrebbe essere più autolesionista di una mancata solidarietà con Obama proprio ora che il nuovo presidente capovolge la posizione di Bush e si allinea con le richieste degli alleati. In realtà era stato facile prevederlo: dopo le trionfali accoglienze tributate a Obama, per l' Europa sarebbe giunta l' ora delle verifiche. Verranno i dissensi sul modo di affrontare la crisi economico-finanziaria e le sue ricadute, protezionismo compreso. Verranno le richieste di maggior impegno in Afghanistan. Verrà la sollecitazione a un fronte unito nei confronti di Medio Oriente, Iran e Russia, proprio per sostenere le intenzioni dialoganti di Washington. Si dovrà definire una linea verso la Cina. Il mondo in subbuglio, insomma, renderà appassionante ma non facile il rapporto con Obama. Ed è con questa consapevolezza che gli europei nicchiano o si tirano indietro su Guantanamo? Forse la vera riflessione la dovremmo spostare sullo stato dell' Europa. A 27, ormai, possono essere trovati soltanto compromessi di basso livello. E talvolta nemmeno quelli. Il Trattato di Lisbona, se mai entrerà in vigore, non potrà fare miracoli. Restano le coalizioni di Stati, le geometrie variabili guidate dai più forti, le ambizioni di taluni di contare sulla scena mondiale. Guantanamo è un' occasione per impostare realisticamente su questa base il rapporto con Obama. E non sarà né l' ultima né la più difficile''.