Cambiare il nome della scuola “Carlo Pisacane” intitolandola al pedagogo giapponese Tnunesaburo Makiguchi è un’operazione da «multiculturalismo suicida». Si rinuncia alla nostra storia (un protagonista del Risorgimento) per inseguire una moda. Da questo non può venire nulla di buono, come spiega Ernesto Galli della Loggia nel suo editoriale sul Corriere della Sera che Blitz vi propone come articolo del giorno
Spesso sono i piccoli episodi che rivelano i grandi fatti. Che cosa sia diventata ad esempio, per tanta parte, la scuola italiana, quale sia il senso comune che vi regna, quale sia anzi il senso comune che probabilmente ha già messo abbondanti radici in tutto il Paese, ce lo dice quanto è appena accaduto a Roma, alla scuola materna ed elementare Carlo Pisacane. La cui preside, con l’accordo unanime del consiglio d’istituto, ha deciso che il nome di Pisacane non è proprio il più adatto per una scuola che accoglie tanti alunni non italiani, appartenenti, come c’informano i giornali, a ben 24 etnie diverse, con prevalenza di bengalesi, romeni e cinesi.
Pisacane: avete presente? Un mazziniano, con la testa piena di idee confuse sulla patria e sul socialismo, che si era fissato di fare una rivoluzione con i contadini del Mezzogiorno e che fu capace, invece, solo di andare incontro alla propria rovina lasciandoci la vita. Un italiano poi, figuriamoci!, a chi volete che interessi? Chi volete che lo conosca questo Pisacane? Molto meglio intitolare la scuola, hanno pensato i docenti romani, a un personaggio di ben altro calibro e notorietà, per esempio a Tsunesaburo Makiguchi. Ma certo, Makiguchi! Sappiamo tutti chi è: pensatore e pedagogista celeberrimo, teorizzatore della ormai diffusissima (anche troppo!) «educazione creativa ». E che poi sia giapponese non può che fare sicuramente piacere ai tanti alunni asiatici, in specie a quelli cinesi che, come si sa, conservano del Paese del Sol Levante un così simpatico ricordo. […]
