E’ stato il provvedimento sul taglio delle retribuzioni dei magistrati, contenuto nel cosiddetto ‘decreto manovra’, a far prendere al parlamentino delle toghe la decisione di indire lo stato di agitazione ad oltranza con la convocazione permanente del comitato direttivo centrale.
Naturalmente i giudici protestano anche contro la politica del Governo sulla giustizia: in particolare sulla sospensione dei processi, sulla riforma delle intercettazioni, sulla diminuzione degli stanziamenti per Via Arenula fino al 40% del budget e il blocco delle assunzioni del personale amministrativo. Ma a far traboccare il vaso è stata la disposizione contemplata dall’art.69 del decreto legge 112 in materia fiscale che – sottolinea l’Anm – "prevede un intervento peggiorativo senza precedenti sulla struttura del trattamento retributivo dei magistrati e l’ulteriore svilimento della funzione giudiziaria".
Finora ai magistrati – guidati dal presidente e dal segretario dell’Anm, Luca Palamara e Giuseppe Cascini – non sono bastate le rassicurazioni avute dal sottosegretario Gianni Letta sulla modifica della norma.
A favore dello stato di agitazione hanno votato tutte le componenti della magistratura, voto contrario è stato espresso solo da Magistratura Indipendente. Ma – spiega Maurizio Laudi, leader della corrente di ‘destra’ delle toghe – "il nostro documento è sovrapponibile a quello votato dalla maggioranza, noi chiedevamo solo di fissare un termine entro il quale far scattare una protesta più dura. Per il resto siamo d’accordo".
A lanciare, per primo, il segnale di guerra è stato Palamara, che, nel suo intervento, ha sottolineato "l’emergenza forte e il serio allarme di questo momento: l’art.69 incide in maniera pesante, e a dir poco punitiva, su tutte le retribuzioni dei magistrati, colpendo di più quelle dei più giovani". In questa maniera "si va verso la distruzione del sistema giustizia: è in atto, infatti, il taglio del turn over del 90% del personale amministrativo, c’é il taglio delle risorse e ora anche quello dei nostri stipendi".
Sulla stessa lunghezza d’onda Cascini. "Questa situazione di grave allarme e preoccupazione – ha detto il segretario – ci dovrebbe portare a superare le nostre divisioni e a rispondere agli attacchi all’indipendenza della magistratura e al funzionamento della giustizia". Cascini ha aggiunto che "ci manca oggettivamente un interlocutore: il ministro Alfano, quando ci ha incontrato, ci aveva detto ‘il vostro programma e’ il nostro programmà . E anche al ministero mancano magistrati competenti perché i testi sugli ultimi provvedimenti normativi mancano di rigore tecnico. Gli alti stipendi di Via Arenula intaccano l’indipendenza dei magistrati fuori ruolo".
Sia Cascini che Palamara hanno criticato il fatto che Magistratura Indipendente abbia avuto vari incontri, separati, con esponenti della maggioranza. Nello Rossi (Magistratura Democratica) ha chiesto ai giudici "una reazione indignata: siamo nel periodo dove tutto è emergenza e ci hanno individuato come nemico in quanto noi rispettiamo le regole ordinarie".
Se l’art.69 non verrà cancellato, le toghe sono pronte ad altre azioni di lotta: prima di interrompere le udienze (l’estrema ratio non è ancora stata invocata) faranno scattare lo sciopero delle ‘supplenze’, ossia di tutti i compiti che non spettano ai magistrati e che le toghe compiono in mancanza del personale preposto.
