Malouma Minth Meidah, 49 anni, preoccupa il regime mauritano. Le sue canzoni non sono solo piacevoli melodie accompagnate dalle parole ma sono soprattutto una censura velata, mite e dolce rispetto alla solita cui siamo abituati.
Malouma scrive testi contro la dittatura nel paese nordafricano dove vive. Dove da sempre i militari “giocano” con la democrazia.
E così il suo genere non piace per niente al governo in carica, allarmato dalla cantante anche per la sua elezione a senatrice, nell’unico voto libero che ci sia mai stato in mezzo secolo di indipendenza.
Malouna non è mai stata picchiata o fatta sparire, ma la sua musica è stata confiscata alla frontiera con il Senegal mentre tornava a Nouakchott, la capitale. Una sola spiegazione per il sequestro dei suoi testi: «L’ordine viene dall’alto» le ha detto l’ufficiale di servizio.
La sua vita di artista non è facile. Malouma è costretta a varcare il confine per pubblicare i suoi cd.
La Mauritania è oggi nelle mani del generale Mohamed Ould Abdel Aziz, il golpista che un anno fa ha incarcerato Sidi Abdallahi, il primo leader eletto democraticamente nel 2007. Il 18 luglio ci saranno le nuove elezioni presidenziali ma il dittatore è tranquillo. Sono pochi i nemici che lo combattono. Uno di loro è appunto Malouma.
La cantante ha cominciato presto a sfidare il potere. A 10 anni tirò le pietre a un emiro, un capo religioso, colpevole di aver lasciato il vecchio padre a cantare per ore sotto il sole. A 16 anni è diventata famosa per una canzone dal titolo “Mi piace amare il mio amore”, atto d’accusa contro la pratica diffusa dei matrimoni con le bambine. Oggi è diventata un’icona, tanto all’estero quanto la sua gente. Persino nei perenni momenti bui delle dittature militari, durante le manifestazioni di protesta, i poliziotti sapevano che «Malouma non si tocca».
Ma con Aziz è cambiato tutto: «Ho ricevuto minacce telefoniche, per la prima volta ho avuto paura».