Vale più un direttore di Tg o un capo della fiction? La politica sta aggiornando le sue classifiche e non è certo un caso che la maggioranza di governo pensi di spostare il direttore del Tg5 dalla sua sedia all’incarico di responsabile della fiction Rai. Questione di soldi? Anche, ma non solo e non soprattutto. La fiction è impresa che muove un sacco di denaro, soprattutto però fabbrica un’altra merce preziosa: il verisimile, l’immaginario collettivo, quindi le idee condivise.
La tv è solo un elettrodomestico, continuano a dire alcuni. Ma nessuno ha mai trascorso un interno pomeriggio davanti a una lavatrice. Tocca rassegnarsi: chi controlla la televisione, controlla la gente. Ma chi controlla la televisione oggi? Chi è il più importante del reame, il direttore di una rete o del principale Tg? Ninet’affatto. La carica fondamentale è quella del direttore di Rai Fiction. O dell’analoga struttura Sky o Mediaset. Non ci sono dubbi. Non più. L’importanza strategica del direttore di Rai Fiction, struttura dotata di un notevole budget, è innegabile, poiché si tratta di una carica «politica» a tutti gli effetti.
Quindi, chi controlla le fiction televisive, controlla la televisione e controlla la massa. E per questo intorno alle fiction girano fior fior di quattrini. Un esempio a caso è quello di “Agrodolce”, in onda su Raitre, per la cui sopravvivenza la Regione Sicilia ha trovato fondi per altri due anni di vita: 25 milioni, che sono arrivati dai vecchi Fas, Fondi per le aree sottoutilizzate. Qualcosa di grosso ci deve essere fra realtà e finzione.
In “realtà”, Fiction non è sinonimo di finzione, né tanto meno di falso. Fiction vuol dire simile al vero. Per questo piace tanto. Nate dalle matrici delle vecchie soap opera come “Dallas” o dalle telenovelas brasiliane come “Anche i ricchi piangono” – evidente nel titolo, il richiamo a un target preciso di utenti, ricchi, coloro che guardavano la tv, per l’appunto -, le fiction di oggi sono perfettamente ricalcate sulla realtà dei loro utenti. Lo stesso regime di realtà, tra l’altro, è cambiato con l’avvento della fiction poiché è stata introdotta tra il vero e il falso una via di mezzo, quella del verosimile. Qualcosa di simile al vero, ma non vero. Da qui la presa di coscenza: mi ci riconosco. È fatto per me. Mi piace.
I telespettatori si calano nei personaggi, nelle dinamiche coniugali, nelle storie professioni e vedono la loro vita attraverso ciò che maggiormente le somiglia. I loro comportamenti cambiano e si articolano sulla trama di ciò che guardano. E che ruolo hanno le fiction storiche se quelle attuali condizionano a tal punto il nostro presente? Un ruolo fondamentale: quello di farci conoscere la storia. La storia nella sua versione “verosimile”. Un telefilm televisivo in più puntate dedicato ai Comuni italiani o al Risorgimento vale più dei libri di testo scolastici. L’immagine è più potente, più immediata e più semplice da acquisire, questo si sa. Il punto è che la fiction costituisce sempre più la fonte attiva dei ricordi delle persone, sostituendosi alle esperienze stesse, con uno scambio continuo tra «realtà» e «finzione», così che la finzione è più potente della realtà stessa e la modella, si fonde e si confonde in essa.