Pochi posti al mondo tramandano e alimentano una tradizione e un prestigio culturale pari a quello emanato della Metropolitan Opera. L’istituzione, “haut lieu” dell’arte e della musica newyorchese ha vissuto in questi anni cambiamenti e mutamenti di rotta, legati sia all’evoluzione del mondo della musica lirica come al succedersi dei direttori artistici.
La sensibilità di Peter Gelb, nuovo direttore artistico, impronta oggi il programma e la futura agenda del Met, come fan e newyorchesi amano chiamare questo luogo. Gelb ha preso il posto di Joseph Volpe, commovente esempio di self-made man all’americana (cominciò al Met come falegname e ha finito come direttore artistico..).
L’approccio al repertorio e alla tradizione tra i due si è rivelato subito molto diverso. Gelb si è fatto un nome nel mondo della musica classica per i suoi sforzi di confondere i confini tra musica classica e pop (e infatti sottolinea che la lirica era la “pop” di allora). Il tentativo di ringiovanire la platea dell’istituzione è al centro del suo impegno e si esplicita in scelte artistiche, a volte controverse. Il ricorso a visual artists per la trasmissione delle opere in high defintion si è rivelato una scelta vincente subito ripresa sia in America che in Europa (come il Tristano e Isotta accompagnato alle immagini iperdefinite di Bill Viola).
Certo i puristi e i pruriginosi avranno sempre qualcosa da ridire sugli allestimenti promossi da Gelb. Quest’anno il Met ha aperto, solo pochi giorni fa, con una produzione che più classica non si sarebbe potuto, la Tosca i Puccini. Sebbene l’audience sapeva per certo che la versione di Zeffirelli, che ormai sa anche di naftalina, non sarebbe stata riproposta, né poteva esserlo, la sorpresa deve essere stata grande lo stesso quando al posto della Chiesa di Sant’ Andrea della Valle è comparso dietro le tende un magazzino dalle tonalità post-industriali. C’è stato, ed era da prevedere, anche qualche buh alla fine del secondo atto, quando, secondo la messa in scena del regista Pedruzzi, Scarpia obbliga Tosca a praticare del sesso orale.
In ogni caso la direzione di Peter Gelb, malgrado le prevedibili critiche, va nel senso modernizzatore e dissacratore di una buona fetta di mondo della lirica. Quelle che erano un tempo provocazioni in grado di provocare risse in galleria ora sono tutt’al più scelte di regia e prese di posizione quasi tiepide. La capacità di un direttore artistico come Gelb si misura infatti più che in queste cose nella sua preveggenza nello scegliere giovani artisti destinati a radiosi futuri, un’arte non indifferente in un campo come questo dove le performance dei cantanti devono essere prenotate diversi anni prima.