Un anestesista obiettore di coscienza dell’ospedale Niguarda di Milano avrebbe rifiutato le cure antidolorifiche a una paziente dopo un’interruzione di gravidanza. La denuncia del caso avvenuto l’8 luglio è stata fatta dalla Cgil di Milano dopo l’arrivo di una lettera firmata dal marito della donna.
La direzione del Niguarda «si è attivata per acquisire gli opportuni chiarimenti avviando un’indagine interna», pur avendo detto di non aver ricevuto alcuna segnalazione o denuncia né da pazienti né da familiari. Intanto Maurizio Bini, direttore della struttura di ostetricia e ginecologia, ha segnalato ieri «l’episodio accaduto l’8 luglio – prosegue l’ospedale – e la sua iniziativa di sottoporre al Comitato Etico alcuni quesiti sul tema sorti nel confronto con gli operatori della struttura». La direzione, inoltre, d’intesa con il direttore della struttura «coinvolgerà il Comitato Etico per acquisire il parere sulla correttezza del comportamento di personale obiettore in ordine alla applicazione della legge 194/78» sull’aborto. «Si conferma comunque – conclude il Niguarda – che in questo ospedale la legge dello Stato viene applicata senza porre ostacoli nè burocratici, nè ideologici come qualcuno vorrebbe far apparire».
A chiedere un codice etico di comportamento è stata la Cgil che ha invitato la struttura sanitaria di fornire pubblicamente i dati sull’obiezione di coscienza in Lombardia per garantire i diritti di tutti medici e donne. «Se i fatti descritti sono esatti – ha detto il sindacato – si configura a nostro giudizio il caso di “omissione di atto dovuto per l’assistenza del paziente” di cui è responsabile sia il medico, sia l’azienda ospedaliera. La Cgil chiede che la direzione dell’azienda ospedaliera apra un’inchiesta per accertare fatti e le responsabilità personali, e metta in atto i procedimenti previsti per sanzionare questa mancanza».
