Milioni di meduse al largo delle coste italiane. A volte trasparenti, le più insidiose, a volte di grandi dimensioni. Avanzano, si raggruppano, si spostano, portate dalla corrente. Ma soprattutto proliferano, senza freni nĆ© possibilitĆ di stima Ā«perchĆ© nessuno se ne sta occupandoĀ». Ć l’allarme lanciato dall’Istituto di ricerca per la protezione ambientale del ministero dell’Ambiente: Ā«Siamo a livelli di emergenza ā avverte Silvio Greco, dirigente di ricerca ā, ma in Italia, a differenza di altri Paesi, non ĆØ previsto un piano di interventi perchĆ© non ci sono soldiĀ». Tentacoli urticanti in agguato, cellule pronte a rilasciare veleno se a contatto con il corpo umano: un pericolo che incombe in maniera concreta e in dimensioni neppure immaginabili, a giudicare dai dati a disposizione dell’Istituto: Ā«Le segnalazioni ci arrivano in maniera frammentaria da pescatori o ricercatori impegnati in altre missioni. La situazione ĆØ comune agli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: abbiamo un esercito di meduse al largo del Tirreno, davanti alla Liguria, nei mari intorno all’Italia, quelle avvistate a riva solo una piccola parte. Milioni e milioni di esemplari, lontano sƬ dalle coste, ma in balia delle correnti: basterebbe un niente a portarle sulle spiaggeĀ».
Due le specie più comuni: la Pelagia noctiluca e la Rhizostoma pulmo: ombrello bruno marrone, dai tentacoli anche lunghissimi e caratteristica opalescenza la prima; bordi blu-violetto su un corpo dal colore lattiginoso la seconda. Entrambe urticanti. Più piccola, ma non meno tremenda la Velella, forma a disco, con un accenno di vela: appare come una moneta da due euro trasparente. Numeri incalcolabili anche per lei, ma sempre nell’ordine di milioni. Un esercito variegato, quindi, quasi in assetto di guerra al centro del Mediterraneo, che lascia al caso il momento dell’attacco. Ā«Come fermarle? Per cominciare, attuando un censimento ā spiega il ricercatore ā, occorre sapere con precisione quante meduse ci sono e dove sono localizzate. Per il resto c’ĆØ bisogno di un’azione comune con gli altri Paesi: un piano internazionale per far fronte all’emergenzaĀ». In prima linea Spagna e Francia dove sono giĆ al lavoro le golette, punti di osservazione che valutano specie e presenze. A salvaguardia del turismo, poi, in diverse localitĆ , come per esempio in Costa Azzurra, sono state collocate delle reti in prossimitĆ dei lidi, per arginare l’invasione. In più, sempre in Francia, i bollettini del mare danno anche Ā«le rotte delle meduseĀ».
Ā«Ma il problema non sono le spiagge, ma quello che sta succedendo ai nostri mariĀ» fa notare Josep-Maria Gili, esperta in meduse, dell’istituto di Scienze marine di Barcellona, che dalle pagine dell’Herald Tribune lancia l’allarme mondiale. Cambiamenti climatici, inquinamento delle acque costiere, diminuzione dei pesci che mangiano le meduse, come tonni e pesci spada: un quadro planetario, più accentuato però nel Mediterraneo. Ā«Se non si può intervenire sui cambiamenti climatici, vero ĆØ che ĆØ possibile agire sugli altri due fronti ā sottolinea Greco ā per esempio regolare la pesca e fare in modo che certe zone costiere utilizzino i depuratoriĀ». Non da meno i tempi di intervento: Ā«Bisogna agire il più presto possibile ā insiste il ricercatore ā, per dare un’idea di che cosa può aspettarci, ecco un episodio accaduto lo scorso anno in Scozia: due allevamenti di salmoni andarono distrutti a causa delle meduse: erano talmente tante che i pesci soffocaronoĀ». Più recente quanto ĆØ successo al largo del Tirreno, tra Campania e Calabria: lo scorso giugno i pescherecci a strascico hanno raccolto 400 chili di meduse ogni calata di rete. Meduse dal peso di pochi grammi
