Polveriera Pakistan. Sulle montagne a Nord-ovest al confine con l’Afghanistan esercito di Islamabad combatte contro i Talebani una guerra cruciale quanto difficile da decifrare (e da vincere).
Un quadro più chiaro della situazione si può trovare in un editoriale di Guido Rampoldi su Repubblica che Blitz vi propone come articolo del giorno:
Interpellare la Rivoluzione che avanza non è difficile, basta comporre il numero di un cellulare e ascoltare l’inglese fluente di Muslim Khan, portavoce di un’insurrezione che ha portato i Taliban a 100 chilometri dalla capitale. Più complicato è capire se da qui a qualche settimana quel barbuto sessantenne appassionato di decapitazioni sarà prigioniero, cadavere, fuggiasco; o invece celebrerà con i confratelli di al-Qaeda un successo, o perlomeno uno stallo, che li rafforzerebbe nella convinzione di essere vicini al traguardo, la nascita dell’Emirato atomico del Pakistan. Sulla carta nulla giustifica le risate omeriche che Muslim Khan mi offre mentre i suoi seimila Taliban (in realtà un migliaio, i rimanenti sono gangster e giovani reclute) si barricano nel capoluogo e nei villaggi dello Swat, la Val Gardena del Pakistan. Intorno alle loro postazioni la fuga degli abitanti presto farà il vuoto; perso quello scudo, come potranno reggere all’attacco del settimo esercito più poderoso della Terra? Eppure le cose non sono così semplici, altrimenti oggi i Taliban non scorrazzerebbero sul 12% del territorio pachistano. […]