MILANO – La prima Corte d’assise di Milano ha condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione un rom bosniaco, accusato di aver ridotto in schiavitù sua figlia. La ragazza, quando era minorenne e viveva in un campo milanese, assieme ad altri componenti del clan familiare, veniva picchiata perché si rifiutava di andare a rubare e non poteva andare a scuola, sebbene lo desiderasse.
I giudici hanno condannato inoltre a pene comprese tra un anno e 8 mesi e 3 anni altri nove componenti del clan nomade, riqualificando però per loro l’accusa da riduzione in schiavitù a tentata riduzione in schiavitù e scarcerandoli. In particolare, a 3 anni è stata condannata la madre della ragazza, che oggi ha 20 anni. Altri tre imputati, invece, sono stati assolti.
Per il padre, Remzija Husejinovich, il pm Claudio Gittardi aveva chiesto una condanna a 20 anni di carcere. L’uomo era stato arrestato assieme agli altri familiari nell’aprile del 2009, dopo che la ragazza era riuscita a scappare dal campo di via Guascona grazie all’aiuto di due agenti della polizia locale e di un giovane che coltivava un orto lì vicino. La ragazzina, arrivata in Italia dalla Germania nel 2006, era costretta a passare le giornate chiusa in una baracca con la finestra inchiodata alla parete e non poteva uscire da sola, neanche per andare a scuola.
”Non esiste per loro andare a scuola”, aveva detto la giovane al gip nel corso di un incidente probatorio in fase di indagini. A lei e anche alla sorella i giudici hanno riconosciuto un risarcimento a titolo di provvisionale di 42mila euro in totale.
