Una nomina che non convince molti. Josè Manuel Barroso è stato rieletto alla presidenza della Commissione Europea, eppure la sua conferma ha provocato diversi musi lunghi, non solo tra i suoi oppositori politici, ma anche tra quelli considerati come suoi “alleati”.
Eppure 382 europarlamentari hanno votato in suo favore, a fronte di 219 contrari e 117 astenuti. Quello che in realtà ha infastidito maggiormente il politico portoghese sono state le critiche, se non proprio gli insulti, ricevuti da più parti, a cominciare dalle fazioni che avrebbero dovuto essergli amiche. Anche tra gli “alleati” infatti, la sua riconferma è considerata una cattiva scelta.
Uno degli storici detrattori di Barroso, Martin Schulz, ha detto che il presidente della Commissione non è convincente nè «per quanto riguarda il programma nè in termini politici». Motivo per cui non era nè «appropriato nè eleggibile», ha tagliato corto il capogruppo dei socialisti.
A Barroso mancano «coraggio e visione», secondo Graham Watson, il leader storico del gruppo liberale al Parlamento europeo. Daniel Cohn-Bendit, a capo del gruppo dei Verdi, lo definisce «un camaleonte», per la sua capacità di «adattarsi a tutti».
Barroso ha in effetti un passato politico controverso. Da studente era un maoista, mentre ora si considera un riformista «di centro». Ha fatto la sua carriera nel partito socialdemocratico del Portogallo, che si definisce democratico sociale, ma che in realtà è di centro-destra e quindi appartiene al Partito popolare conservatore europeo (PPE).
Anche l’Unione del presidente francese Nicolas Sarkozy per un Movimento Popolare e i Democratici Cristiani del cancelliere tedesco Angela Merkel fanno parte del PPE.
La Merkel, in particolare, ha fortemente sostenuto la sua candidatura cinque anni fa, quando il portoghese sconfisse il belga Guy Verhofstadt, appoggiato invece dall’allora cancelliere tedesco Schroder. Proprio la Merkel e Sarkozy sono sempre stati due strenui sostenitori del lavoro di Barroso durante la sua presidenza, eppure non gli hanno risparmiato qualche critica.
Come un maestro con uno studente che è stato rimandato, Sarkozy ha suggertito a Barroso di scrivere un nuovo, «ambizioso» programma durante le vacanze estive se voleva mantenere il suo posto. Obbediente, lo “scolaro” ha scritto le sue ambizioni politiche per i prossimi cinque anni. E ‘un documento pieno di generalizzazioni e luoghi comuni, ma non è questo che ha infastidito il presidente francese.
Sarkozy non era preoccupato per il contenuto del documento, quanto per la dimostrazione di potere e sottomissione che esso ha rivelato.
Angela Merkel, invece, mostra di tenere sotto controllo il presidente della Commissione sotto controllo con raffinata ironia. Un esempio di questo è stata una scena presso la Cancelleria di Berlino. «Barroso ha chiamato e ha chiesto di essere richiamato», ha detto alla Merkel un assistente al termine di una riunione, mentre il Cancelliere lasciava la stanza.
«Digli che non dovrebbe chiamare tutto il tempo», rispose la Merkel ha risposto, e fece una smorfia per evidenziare quanto ritenesse Barroso un uomo seccante.
In realtà, il presidente della Commissione è riuscito ad irritare amici e nemici, tanto da essere diventato oggetto di scherno tra i banchi del Parlamento europeo. Per esempio, durante una chat con i colleghi, a margine di una riunione, un parlamentare tedesco chiese al ministro svedese per gli affari comunitari, Cecilia Malmström: «Beh, Barroso ti ha chiamato due volte anche oggi?». La svedese scosse la testa e rise, rispondendo: «No, per tre volte!».
Come mai allora Barroso è stato confermato? Secondo un deputato tedesco, la verità è che ai governi europei più importanti fa comodo avere un presidente della Commissione debole. I cosiddetti “Tre Grandi”, e cioè Francia, Germania e Gran Bretagna, preferiscono una figura innocua che non crei loro problemi. Il triumvirato lavora da tempo per incrementare i propri poteri.
Nel Parlamento europeo, Barroso è inviso soprattutto ai gruppi conservatori, che però alla fine hanno accettato la sua candidatura per non provocare una «crisi istituzionale».
La verità è che anche gli oppositori di Barroso non sono riusciti ad accordarsi su un candidato alternativo. Ma i governi delle maggiori potenze europee finora sono riusciti ad accordarsi su ciò che volevano.
Adesso, oltre a Barroso a capo della Commissione, vogliono che un altro candidato conservatore diventi il primo presidente permanente del Consiglio europeo. In cambio, un candidato del centro-sinistra dovrebbe ottenere il posto di primo ministro degli esteri europeo.
Entrambi i ruoli, tuttavia, esisteranno solo se gli irlandesi non respingeranno il Trattato di Lisbona per la seconda volta, in occasione del referendum del 2 ottobre. Se si opporranno, nessuno ha idea di come l’Europa agirà.
