di Antonio
Viviamo in tempi duri e difficili. Tempi in cui per il nostro ministro dell’Interno Roberto Maroni la massima preoccupazione è la sicurezza e la lotta alla criminalità . Da calabrese emigrato a 18 anni (ora ne ho 31), mi dico «pofferbaccolina, finalmente un ministro che ha deciso di debellare le potentissime organizzazioni che fatturano il 15% del nostro pil e controllano un quinto del nostro territorio. Finalmente, lotta senza quartiere alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra e alla sacra corona unita. Finalmente un barlume di luce anche per la mia martoriata regione». Mi fiondo sull’unica edicola internazionale di Basingstoke per comprare un giornale italiano, presa al volo l’ultima copia, apro avidamente per saperne di più e cosa scopro? In Italia l’emergenza sicurezza è dettata dai rom. Cioè, in un Paese dove si annidano i controllori mondiali della cocaina, dove abbiamo il più grande supermercato a cielo aperto di droga, dove si nascondono alcuni degli uomini più pericolosi d’Europa, dove tanti commercianti sono taglieggiati, mortificati, vilipesi e assassinati, dove nulla si può fare e/o decidere senza il consenso di pochi, il Paese da cui partono corrieri di morte diretti in ogni dove (dimenticata Duisburg?), un Paese dove lo Stato esiste a metà e dove del territorio statale si fa sfregio sulla pelle dei cittadini, in un Paese che dimentica quattro regioni e le abbandona al loro destino e alla micidiale stretta malavitosa, in un Paese dove la ‘ndrangheta vanta più di 6 mila affiliati e fa carne di macello di chi si ribella a essa, in un Paese così, l’emergenza sicurezza è dettata dai rom? La lotta alla criminalità è intesa come lotta ai clandestini? Ma scherziamo? Vogliamo farci ridere addosso da tutta Europa? Che sia questo l’aperitivo del federalismo, essendo rom e clandestini soprattutto problemi padani? Ma lo sa Maroni chi controlla il traffico e le rotte dei clandestini? Ma dove vivono i politici?
