Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Alberto Ronchey sull’atteggiamento di Obama verso Putin intitolato ”Il dilemma del Presidente”. Lo riportiamo di seguito:
”Dopo il 4 novembre, l’informazione ha indugiato a lungo sull’Obama style, paragonato spesso alla personalità di Putin. Questione di caratteri, linguaggi, costumi diversi, o contrastanti. Persino ragguagli sulle loro attitudini sportive, basket, e surf o judo e karate. Ma ora incombono ben altre questioni, anzitutto quelle dei prevedibili rapporti tra Washington e Mosca. Nell’attesa dell’insediamento presidenziale alla Casa Bianca, 20 gennaio, malgrado il doveroso riserbo di Barack Obama nel periodo transitorio, affiora qualche indiscrezione sulle sue tendenze in politica estera. Non vorrebbe assumere subito un impegno sulla dislocazione in Polonia delle basi per lo scudo antimissili, rivolto contro l’Iran secondo Bush ma potenzialmente intimidatorio contro la Russia secondo Putin.
Il cauto indirizzo di Obama non equivale a disimpegno, anche perché non può apparire debole mentre Mosca minaccia come rappresaglia di schierare missili Iskander a Kaliningrad, già Königsberg, l’enclave russa fra Polonia e Lituania. Le indiscrezioni aggiungono che il neopresidente, prima d’ogni decisione, vorrebbe verificare l’effettiva utilità dello scudo antimissili e anche tentare negoziati o chiarimenti con Mosca. Nello stesso tempo, per gestire il passaggio delle consegne al Pentagono avrebbe scelto il senatore Sam Nunn, critico non solo sul progetto dello scudo ma pure sule proposte di estendere la Nato all’Ucraina e alla Georgia, lungo i confini con la Russia. Oltre tutto l’Ucraina, divisa tra occidentalisti e russofili, rischia vertenze più o meno prossime con Mosca sulla Crimea già russa e in particolare sul porto strategico di Sebastopoli. Si tratta di argomenti già discussi, fra differenti pareri, anche nell’Ue.
Tutti concordano, s’intende, nel respingere le pretese di Putin quando non tendono solo a recuperare l’orgoglio russo umiliato negli anni ’90, dopo la sconfitta della velikoderzhavnost, la dottrina della maestosa e imponente potestà di Mosca. Né gli europei dimenticano l’arbitraria e brutale irruzione russa in Georgia, non giustificabile dagli errori del governo di Tbilisi. Ma è diffuso, in Europa, il consiglio di tentare comunque una distensione dei rapporti con Mosca. Sulla mediazione con Washington insiste Nicolas Sarkozy, presidente di turno della Ue. Come preservare, altrimenti, una minima stabilità internazionale? Il contributo di Mosca pare necessario, dinanzi a innumerevoli problemi e drammatiche incognite, da valutare secondo un ordine di priorità variabile. Non solo il terrorismo di Al Qaeda, o il nazionalismo atomico dell’Iran.
La crisi finanziaria globalizzata coinvolge anche la Russia, che subisce ingenti fughe di capitali seguite da gravosi fallimenti nell’imprenditoria industriale. Restano da considerare, poi, le incontrollabili turbolenze dei mercati energetici, dal rialzo al ribasso, e altre circostanze avventurose per tutti. È il contesto, di tempi torbidi, nel quale si ripropone un complesso dilemma. Le aperture occidentali a Mosca potrebbero placare i fermenti e le ansie dei patrioti russi frustrati negli anni ’90, o incoraggiare gli ultranazionalisti e le tentazioni d’una riscossa neoimperiale? La risposta verrà , forse già fra qualche mese, dal confronto tra Obama e Putin. Un’altra guerra fredda o sangue freddo”?