"Gazprom riprenderà le forniture di gas attraverso l'Ucraina appena saranno arrivati i tecnici Ue per monitorare il flusso al confine russo-ucraino". L'annuncio del premier ceco Mirek Topolanek, presidente di turno Ue, giunge dopo che il premier russo Putin ha ordinato di chiudere i rubinetti a Kiev e dopo che oggi molti Paesi europei, tra cui l'Italia, sono rimasti senza il metano proveniente da Mosca. Una situazione che stamattina aveva provocato la reazione infuriata dell'Europa: il premier ceco aveva minacciato una "risposta ferma dell'Unione" se il flusso non fosse ripreso entro 24 ore e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso aveva definito "inaccettabile" che gli approvigionamenti fossero "ostaggio" della "guerra del gas" tra Kiev e Mosca.
Ma l'Europa è riuscita anche a mediare: è stato Barroso a prospettare l'ipotesi di inviare "osservatori Ue" a Kiev, una proposta che sia il premier russo Putin che l'omologa ucraina Timoshenko hanno accettato. Intanto, è previsto per domani a Bruxelles l'incontro tra i vertici di Gazprom e Naftogaz, come ha comunicato lo stesso Barroso. E lunedì si potrebbe tenere, sempre in Belgio, una riunione straordinaria dei ministri dell'Energia dell'Unione Europea per fare il punto sulla crisi.
L'ordine di Putin. Nel pomeriggio il premier russo Vladimir Putin ha annunciato di aver concordato con il presidente di Gazprom Aleksej Miller di interrompere il flusso di gas alla frontiera con l'Ucraina. "Sono d'accordo con la proposta di Miller – ha detto Putin – ma bisogna farlo pubblicamente, in presenza di osservatori internazionali". "E' inutile fornire gas attraverso i tubi di Kiev – ha aggiunto – se questa ha chiuso le stazioni di pompaggio verso gli altri Paesi europei clienti di Gazprom e continua a 'rubare' il metano in transito".
Accuse reciproche. Già prima, in mattinata, la società ucraina Naftogaz aveva accusato la Russia di aver interrotto tutti i rifornimenti destinati all'Europa che passano da Kiev. Un'accusa che Mosca aveva subito smentito ("Li abbiamo solo ridotti, è Kiev che ruba il metano"). Dall'altra parte, invece, il presidente Yushenko aveva chiesto alla Russia di ripristinare "immediatamente" le forniture e inviato una lettera al suo omologo russo Dmitri Medvedev e al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso in cui chiede di "riprendere le trattative".
Condutture a secco. Tra incriminazioni reciproche, il flusso verso Occidente nella notte si è bloccato: dalla mezzanotte il gas russo non arriva più in molti Paesi dell'Europa. Una dopo l'altra sono giunte le conferme di Romania, Repubblica Ceca, Austria, Polonia, Bosnia, Slovenia e Croazia. L'Ungheria corre un rischio altissimo di rimanere al freddo: con le attuali riserve potrà andare avanti solo per altre tre, quattro, settimane.
Italia. Anche l'Italia è coinvolta. L'Eni ha confermato che "dall'una di stanotte si sta registrando una sostanziale interruzione del gas proveniente dal gasdotto Tag". L'Italia ha iniziato ad attingere alle proprie scorte di gas. Le misure che il ministero dello Sviluppo economico sta adottando vengono definite "normali": "Come succede sempre quando diminuisce il flusso di gas, stiamo attingendo alle scorte e stiamo aumentando gli approvigionamenti dagli altri Paesi". Per domani è comunque convocata al ministero dello Sviluppo economico una riunione del Comitato di emergenza sul gas.
"Non è emergenza". L'Eni ha assicurato che "ci sono riserve per passare tranquillamente l'inverno". L'ad della società Paolo Scaroni, in un'intervista al giornale radio Rai, ha spiegato: "Affrontiamo questa seconda crisi russo-ucraina in posizione molto migliore rispetto alla precedente (nel 2006, ndr)". Secondo Scaroni, la situazione per l'Italia è meno allarmante per diversi motivi: "Abbiamo aumentato le nostre capacità di stoccaggio – ha spiegato il manager – sbottigliato il tubo con l'Algeria, completato la messa a punto del gasdotto che ci collega con la Libia: la somma di tutto questo fa sì che siamo in posizione migliore di molti altri Paesi europei di fronte a questa nuova crisi".
Rischio rincari. Le associazioni consumatori lanciano però l'allarme sui costi. Il presidente dell'Adoc Carlo Pileri avverte: "La crisi rischia di mettere in pericolo l'economia dei consumatori italiani su cui potrebbe gravare un nuovo caro-bolletta, nell'ordine dei 150 euro annui per famiglia". "Il nostro Paese – commenta Pileri – paga l'assenza di una politica energetica lungimirante".
