"Mi dimetto nell’interesse del Paese", ha detto, aggiungendo che presenterà oggi stesso la lettera al presidente dell’Assemblea nazionale, il parlamento. Ma l’ex generale, salito al potere con un golpe incruento nell’ottobre 1999, respinge tutte le accuse dei suoi oppositori, Asif Ali Zardari e Nawaz Sharif in testa, bollandole come "false e senza fondamento". Il presidente ex generale ha avocato a sé i successi del Pakistan, che, ha detto, sarebbe cresciuto economicamente e democraticamente, ha combattuto il terrorismo e fatto cambiare di fronte al mondo l’immagine di Paese sponsor del terrorismo. Musharraf ha anche detto che la sua decisione di dimettersi prescinde dall’impeachment, le cui accuse non lo avrebbero colpito. "Non una sola accusa contro di me potrebbe essere provata perché non ho fatto nulla per me, ma tutto per il Pakistan".
Musharraf ha parlato di traditori che si stanno accanendo contro di lui e contro il Paese, alludendo al fatto di aver favorito, con leggi speciali, il ritorno di Sharif e di Zardari, insieme alla moglie Benazir Bhutto uccisa a dicembre. Sia Zardari che Sharif hanno parlato di "vittoria del popolo", mentre per il primo ministro, Yusuf Raza Gilani, è stata una "decisione realistica". Si profila ora incerto sia il futuro di Musharraf che del suo Paese. Secondo fonti di stampa pachistana, dovrebbe andare a Jedda nella stessa casa che ospitò Nawaz Sharif quando fu mandato in esilio dallo stesso Musharraf. Poco fa un leader della Lega Pachistana Musulmana-Q, partito vicino al presidente, ha detto che Musharraf invece resterà in Pakistan. E per la sua successione a Musharraf, si fa insistente proprio il nome di Sharif.