La sostituzione dello scrittore Vincenzo Cerami con la politica di professione Giovanna Meandri, nella carica, abbastanza virtuale a dir la verità, di ministro ombra alla cultura del futuro governo della sinistra, non è davvero un gran bel segno dal partito democratico, cioè il partito cui è oggi rimasta affidata la rappresentanza politica della sinistra italiana.
Nessun pregiudizio negativo nei confronti dei politici di professione. Anzi. Quando la polemica demagogica contro la partitocrazia inveisce contro i politici di professione viene da sorridere, mestamente. Anche la politica è un mestiere, molto difficile e semmai ci si deve lamentare che i politici nostri non siano abbastanza professionisti e professionali, ma il contrario.
Ma il partito democratico e i suoi sostenitori hanno fatto una bandiera dell’apertura della politica alla società civile, all’ingresso di nuove forze a tutti i livelli. E se ciò avvenisse, non sarebbe un male, perché il ricambio di sangue, in tempi normali e non di rivoluzione, è una cosa intuitivamente positiva.
Certo, perché uno che faccia un mestiere diverso da quello del politico, dedichi una parte del suo tempo al bene della comunità ci vuole un minimo di motivazione. Anche la vanità va bene, anche la speranza di una nuova carriera va bene, anche sentirsi sotto le ali di un partito potente che può sempre aprire la strada a posti importanti va bene.
Solo chi vuole uccidere la politica esige vocazioni che nemmeno i preti si aspettano più. Nella definizione dello storico inglese Syme, far politica vuole dire perseguire grandi interessi di parte (gruppi di cittadini), in collegamento con gente che persegue un interesse comune (il partito), cercando di soddisfare i propri interessi personali.
Solo chi non vuol vedere dice che da noi i partiti dominano, mentre in America sono poco più c: vi risponderà Democratic National Committee, 430 S. Capitol St. SE, Washington, DC 20003, che è esattamente il centrio nevralgico di comando e di approvvigionamento delle risorse per la campagna elettorale del suo partito.
E il partito è tanto potente che il New York Times, il 9 marzo, ha scritto: “Il budget di Obama affronta la prova con i baroni del partito”. Prima vittima: l’au,mento delle tasse.he dei club. Chiedete un po’ a Obama l’indirizzo del suo club
Torniamo all’Italia. Allora trovate uno scrittore di un certo successo e di un certo nome, Cerami, appunto, che si impegna in politica, che è culturalmente e ideologicamente omogeneo al punto da dedicare il suo tempo al partito, fino a diventarne il ministro ombra della cultura. Il fatto che l’avesse nominato l’ex segretario non depone molto, è vero, perché c’è da riconoscere che non avesse la mano eccessivamente felice nelle sue scelte di nomine. Ma tant’è, siamo in linea con l’obiettivo del partito rispetto alla società civile.
Poi cade il segretario, ex comunista e diventa segretario un ex democristiano . Gli ex comunisti si sentono perduti, spiazzati, chiedono un riequilibrio ai livelli inferiori. In attesa c’è una ex comunista, che il ministro della cultura lo ha anche fatto e ci si è anche divertita, anche se, ancor oggi, anni dopo la sua prima nomina a ministro, la sua principale qualificazione culturale su cui tutti consentono è la bravura con cui risolse un momento imbarazzante per il partito in un dibattito televisivo in campagna elettorale.
Negli ultimi tempi era stata un po’ ai margini, non era del giro del segretario uscente. Un blitz. Cerami viene rimosso, la Meandri va al suo posto. Tutto secondo le regole, niente di male. Ma la