Pdl il giorno dopo. Dopo i trionfi, dopo le ovazioni, gli ostacoli sulla strada per arrivare al 51% dei voti e all’incoronazione a Cesare sono tutti lì, davanti a Silvio Berlusconi. I nomi sono sempre gli stessi: Umberto Bossi e la sua Lega, Pierferdinando Casini figliol prodigo prospettico, Gianfranco Fini e la sua voglia di sopravvivere distinguendosi e facendo il controcanto al “pensiero unico” a ogni piè sospinto. Sullo sfondo, la lotta per il delfinato tra lo stesso Fini e il ministro dell’economia Giulio Tremonti, delineata su Repubblica da Filippo Ceccarelli.
La Lega si è già fatta sentire, all’alba di domenica, con due notizie. La prima: Bossi, come Berlusconi, si candiderà alle europee in ogni collegio, la seconda: la Lega, per bocca di Roberto Calderoli, ha annunciato il suo no al bipartitismo.
La prima notizia viene dal sito affari italiani. it, la seconda è ddi Repubblica e è riòlancia dall’Agi, l’agenzia giornalistica.
Ha detto Calderoli a Repubblica: «Mi fa piacere che Fini condivida la necessità di aprire subito una fase costituente per dare al Paese le riforme di cui ha bisogno, ma sostenere nello stesso tempo il referendum mi sembra paradossale e contraddittorio rispetto a questo obiettivo». «Per la riforma costituzionale non partiamo da zero, Bossi ed io ci stiamo già lavorando, così come è già successo per il federalismo fiscale: fine del bicameralismo perfetto, Senato federale eletto col proporzionale puro».
Se dovesse passare, «il referendum introdurrebbe una legge elettorale finalizzata a ottenere maggioranze solide anche al Senato. Non avrebbe senso, faremmo una legge per qualcosa che non c’è già più». Infine, per Calderoli «sostenere il referendum significherebbe far correre il rischio di delegittimazione al Parlamento e rinunciare alla possibilità di avviare vere riforme istituzionali