Per Amit Kajla vestirsi in modo avvenente al lavoro non era un problema e adesso il tribunale di Birmingham ha dato la ragione alla secondina sexy.
I colleghi avevano fatto muro contro di lei, accusandola di atteggiamenti e abiti troppo provocanti durante le ore di servizio nella struttura penitenziaria “Brinsford Young Offender’s Institution” di Wolverhampton. La direzione del carcere l’aveva licenziata nel 2008, l’uniforme troppo aderente e succinta sarebbe stata l’innesco per atti di indisciplina nel carcere.
«Tutto quello che io ho fatto è stato di mantener fede alle indicazioni dell’HMPS (il servizio penitenziario, ndr): ovvero, trattare i detenuti con umanità e rispetto. Ma ad un funzionario della prigione non piaceva il mio modo di lavorare, che era in contrasto con l’approccio “macho” che lui preferiva e così io sono diventata la donna debole che poteva essere intimidita e umiliata», ha spiegato la donna.
I giudici hanno dato ragione al ricorso presentato da Amit Kajla perché mandata via senza alcuna valida giustificazione. Nigel Tillott, legale della donna ha commentato così la sentenza: «Spero che il servizio penitenziario rifletta sulla sentenza del tribunale e riconosca le proprie responsabilità, perché anziché appoggiare la mia cliente, loro hanno sostenuto il comportamento di quelli che l’hanno intimidita, senza pensare nemmeno per un momento che lei potesse avere ragione».
