A due giorni dallo sgombero dell’ex ospedale Regina Elena d, mentre gli sfollati proseguono la loro protesta sui tetti dei Musei Capitolini, non c’è ancora chiarezza sui tempi in cui sarà pronto il nuovo Polo emato-oncologico del policlinico Umberto I.
Chi ha avuto la possibilità di entrare nei locali dell’ospedale, però, si è trovato davanti ad uno scenario di abbandono. Macchinari lasciati sul posto dal 2000 a prendere muffa e polvere, e veri e propri miniappartamenti realizzati nei vecchi reparti. Gli occupanti se ne sono andati in fretta lasciando sul posto mobili ed elettrodomestici ammonticchiati durante i due anni di vita nella struttura.
Non mancano le scritte sui muri, alcune inquietanti: «La gente come noi non paga. E non “rubba” mai. Saccheggiamo tutto». Nel Regina Elena era stato tirato su anche un muro divisorio per separare due categorie di occupanti, che, evidentemente, non andavano così d’accordo.
In un ramo dell’ospedale c’erano i “duri” di Action quelli che hanno lottato di più contro lo sgombero. Su una parete, affisso anche il regolamento interno con tanto di turni e riposi per le corveè. Nell’altro, invece, gli occupanti meno intransigenti, quelli che, forse per rassegnazione, hanno abbandonato subito l’edificio senza inscenare proteste.
Per Giorgio Ciardi, il delegato alla sicurezza, nel Regina Elena c’era una «situazione pericolosa, soprattutto per quello che riguarda gli attacchi elettrici e le bombole di gas». E poi, tra tanti oggetti del vissuto quotidiano, anche mucchi di pneumatici, da incendiare, eventualmente, per resistere ai tentativi si sfratto.
Alcuni degli ex occupanti hanno accettato le sistemazioni del Comune capitolino. Altri protestano sui tetti. Altri ancora, circa 200, sono spariti senza lasciare tracce, in cerca, probabilmente, di un nuovo spazio da adibire a casa per qualche mese.
