In Inghilterra una decisione dei Law Lords, il massimo organo giudiziario britannico, potrebbe rivoluzionare le leggi sull’eutanasia. I 5 giudici supremi si sono infatti espressi a favore della richiesta di Debbie Purdy, una donna di 46 anni che nel 1995 aveva scoperto di essere malata di sclerosi multipla. La sua intenzione è di sottoporsi a un suicidio assistito in Svizzera, ma finora si era sempre fermata temendo un’eventuale incriminazione per suo marito, il violinista cubano Omar Puente.
Nel Regno Unito l’incoraggiamento al suicidio è punito con la reclusione fino a un massimo di 14 anni di carcere. I Law Lords, presentando il frutto della loro decisione alla Camera dei Lord, hanno affermato che non esiste una chiara legge che specifichi una situazione come quella della Purdy. Un invito aperto affinché il Parlamento definisca con chiarezza il trattamento giudiziario di qualcuno che accompagna il consorte all’estero per morire.
Ma soprattutto, i giudici hanno sentenziato che il diritto a scegliere come morire è insindacabile per ogni cittadino. Debbie, dunque, potrà farsi accompagnare dal marito fino all’ultimo istante della sua vita.