Usare la Ru486 non sarà facile. Perchè il governo, incalzato dalle critiche del mondo cattolico, sembra orientato a complicare il più possibile l’accesso al farmaco.
Prima di tutto con l‘ospedalizzazione. Per l’aborto farmacologico non basterà il day-hospital ma servirà un ricovero minimo di tre giorni.
Obiettivo dichiarato, quello di far avvenire l’espulsione del feto all’interno di una struttura ospedaliera. Per il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, infatti, «ciò sarebbe pericoloso per la salute della donna e non rispetterebbe i criteri di garanzia previsti dalla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e dai due pareri del Consiglio superiore di sanità».
La stampa cattolica, però, non demorde e, a due giorni di distanza dal via libera dell’Aifa alla commercializzazione della pillola abortiva Ru486, continua ad attaccare sia l’agenzia del farmaco che il Governo.
Il quotidiano Avvenire ne ha per tutti coloro che, secondo loro « potevano, ma non si sono impegnati per farlo» fermare la diffusione della pillola. Il primo obiettivo, ovviamente, è l’Aifa, rea di aver «dato il via libera a un farmaco del quale gli stessi produttori ammettono la pericolosità. Da qualche tempo la vita in Italia si sfregia con i timbri della burocrazia in modo quasi indifferente».
Ma il quotidiano dei vescovi è duro anche con il governo: «É impossibile tacere di altre precise e identificabili responsabilità politiche».
L‘Osservatore Romano, invece, affida ad un medico francese, Didier Sicard, il suo attacco alla Ru486. Per Sicard, che sottolinea di non essere a priori nemico del farmaco, il problema della pillola sta nella sua apparente facilità di impiego: «Rischia di far dimenticare che l’aborto rimane una decisione grave non priva di rischi. La Ru486 trasferisce alla sola responsabilità apparente della donna una decisione che spesso i medici non desiderano prendere».