di Mirco
Amo molto Saviano e quel che ha fatto: un giornalismo vero che non teme, che non si vergogna e che non ha paura. Un giornalismo fatto con le scarpe piu’ che con il PC. Mi dispiace che molti lo tirino per la giacchetta portandolo a simbolo delle loro idee. E cosi facendo gli danno un etichetta. E una volta che hai un etichetta non sei piu’ giudicato per quello che fai e per il tuo merito; tutto questo passa in secondo piano e solo la tua etichetta viene giudicata. Io sono contro questi tipi che vogliono portare con se Saviano e sono contro quei giornalisti che gia’ da tempo scrivono cose non piacevoli sull’autore del piu’ bel libro di criminalita’ vera uscito ultimamente in Italia. A volte mi chiedo come sia possibile che questi possano denigrare Roberto, facendo forse il gioco dei malavitosi. Me lo chiedo e l’unica risposta la vedo nell’etichetta che tanti – contrari o fautori del Saviano-pensiero – posso avergli dato. Forse non e’ cosi’, comunque me ne dispiaccio. Per me Saviano e’ prima di tutto un giornalista-scrittore che con i mezzi a sua disposizione ha cercato di fare qualcosa contro il sistema che accusa: denunciare, portare alla luce e quindi, tentare di scuotere le coscienze. Senza temere paura. D’altronde lo sappiamo: la guerra alla criminalita’ la fanno le forze dell’ordine e la magistratura, ma se non cambia la nostra scala di valori ogni sforzo dello stato, ammesso che ci sia e abbia successo, avra’ un successo limitato nel tempo. Voglio che Saviano venga giudicato per quel che ha detto, per il suo merito, per la sua denuncia, per il suo modo di fare giornalismo, per il suo modo di entrare nella testa della gente. Purtroppo constato che il Paese che ho lasciato mette etichette, giudica su esse, non si cura del merito e parla tanto per dire, senza comunicare, ma traducendo costantemente un punto di vista vecchio di 50 e piu’ anni, di cui sono stufo e che rifiuto, come rifiuto tutti coloro che lo applicano.