SAVIANO, RUSHDIE E LA ”LONGA MANUS” DELLA CAMORRA

di Archangel

Roberto Saviano, che giustamente tanto scalpore ha suscitato in Italia e all’estero con il suo libro ”Gomorra” (da cui e’ stato tratto un film di Matteo Garrone) ha dichiarato che non ha ancora deciso se restare in Italia o nascondersi all’estero per scongiurare la vendetta che gli ha giurato la camorra. Se fuggisse, seguirebbe l’esempio dello scrittore indo-britannico Salman Rushdie, che vive nascosto da 20 anni per la condanna a morte che hanno posto sulla sua testa i fondamentalisti islamici iraniani, infuriati dal libro ”Versetti Satanici”, a loro dire oltraggioso nei confronti del profeta Maometto. Se i due scrittori si sono incontrati – ed e’ probabile – non e’ dato di sapere che cosa Rushdie abbia consigliato al collega italiano. Un consiglio a Saviano lo ha dato invece, e pubblicamente, il ministro dell’interno Roberto Maroni, il quale – dopo aver ricordato che non e’ Saviano l’unico simbolo della lotta alla criminalita’ organizzata, e che tale lotta la fanno soprattutto poliziotti, carabinieri, magistrati e imprenditori ”che sono in prima linea ma non sulle prime pagine dei giornali”, si e’ augurato che lo scrittore non lasci l’Italia "perché non solo contribuisce con la sua immagine al contrasto alla crimininalità organizzata", ma anche perchè non ritiene "una buona idea quella di andarsene. Non mi pare – ha detto Maroni – che ci sia certezza di evitare la vendetta camorristica, che non conosce confini". Si dira’ che i fondamentalisti islamici, e non perche’ non ci abbiano provato, non sono riusciti in 20 anni ad applicare la loro fatwa su Rushdie, e che quindi tutto sommato a Saviano converebbe seguire l’esempio del collega indo-britannico e sparire all’estero e cominciare la sua vita underground. La decisione spetta naturalmente solo a Saviano (che attualmente vive sotto scorta), indipendentemente da quel che pensa il ministro degli Interni, il quale pero’ una certa dimestichezza della camorra e della sua longa manus ce l’ha. Per Maroni non sarebbe una buona idea che scrittore lasciasse l’Italia per due motivi: a) perche’, come detto, egli contribuisce con la sua immagine al contrasto alla criminalita’ organizzata e b) perche’ non v’e’ certezza di evitare la vendetta camorristica, che non conosce confini. E’, quest’ultima, una constatazione terribile, ma non per questo meno vera. In fatto di assassinii di singoli bersagli i fondamentalisti islamici sono ancora all’Abc rispetto alla camorra, ed e’ forse per questo che dopo 20 anni Rushdie e’ ancora vivo. E’ possibile quindi che Saviano si sottoporebbe ai disagi ed agli inconvenienti della vita underground fuori dei confini del suo Paese senza alcuna certezza di salvezza. C’e’ un detto caro a Cosa Nostra americana che avverte ”you can run, but you can’t hide”, ovvero ”puoi scappare, ma non puoi nasconderti”. E purtroppo Cosa Nostra, ‘ndrangheta, camorra e simili mantengono sempre le loro promesse. Saviano, uomo coraggioso, ben sapeva a cosa sarebbe andato incontro scrivendo ”Gomorra”. A lui va tutta la solidarieta’ degli italiani e la sicurezza che possono cercare di garantirgli le forze dell’ordine. Pero’ Maroni ha ragione quando precisa che lo scrittore e’ ”un” simbolo della lotta alla criminalita’ organizzata, e non ”il” simbolo. C’e’differenza.

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