In tema di sbarchi Europa e Italia sono alla guerra di cifre: da un lato Jacques Barrot, dall’altro Roberto Maroni. Uno è il vicepresidente della Commissione europea e commissario per Giustizia, Libertà e Sicurezza, l’altro è il ministro dell’Interno italiano.
Il primo il 2 settembre 2009 ha parlato di una «diminuzione generale di sbarchi di immigrati clandestini in Europa, tranne che in Grecia» e ha sottolineato che i dati parlano di un «40% in meno in Spagna, Italia e Malta».
Il Belpaese fa parte di questa area citata, ma giunte al Viminale le cifre si sono più che raddoppiate. Maroni qualche giorno prima, a Oleggio nel novarese, in occasione di una festa provinciale della Lega aveva dichiarato: «Tra maggio e agosto 2009 gli sbarchi sono diminuiti del 92 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».
Era il 29 agosto, adesso a distanza di una settimana a Cernobbio il ministro ha rilanciato la sua percentuale esorbitante. Secondo le cifre di cui dispone il ministero gli sbarchi di immigrati clandestini erano 15 mila il primo maggio e, a distanza di tre mesi, sono precipitati a 1400. «La politica dei respingimenti funziona l’accordo con la Libia funziona benissimo, è una strada che continueremo a percorrere», ha commentato soddisfatto il capo del Viminale.
Maroni non fa alcun accenno ai morti nel mare, alle vittime del traffico internazionale, ai clandestini fermati nelle acque libiche e mai arrivati. Anzi, il ministro parla di polemiche che non gli fanno «né caldo né freddo» e sul comportamento controverso della Libia taglia corto: «Non si può dire che sono violati i diritti e accorgerci dopo del ruolo che ha la Libia nelle Nazioni Unite. Il problema dei rifugiati esiste e l’Italia è in prima linea su questo. La politica dei respingimenti è conforme a tutti i trattati internazionali e a tutte le regole europee e alle convenzioni dell’Onu».