«Tolleranza zero» contro i neonazi che hanno pestato selvaggiamente Nicola Tommasoli, il giovane di Verona dichiarato clinicamente morto dopo quattro giorni di agonia. «Quel gruppo neonazista va preso, messo in galera e rieducato, non ci può essere nessun tipo di solidarietà». Però, rispetto a questo episodio, sono «molto più gravi» le contestazioni della sinistra radicale contro la Fiera del libro di Torino. Lo ha dichiarato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante le registrazioni di "Porta a Porta". «L’aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi – ha spiegato Fini – sono due fenomeni che non possono essere paragonati» A giudizio del presidente della Camera, in sostanza, se dietro l’aggressione di Verona non c’è alcun «riferimento ideologico», a Torino le frange della sinistra radicale «cercano in qualche modo di giustificare con la politica antisionista», un autentico antisemitismo, veri e propri «pregiudizi di tipo politico-religioso». Su questo, sottolinea Fini, «c’è un consenso non dico di massa, ma una posizione politicamente considerata legittima da una parte della sinistra radicale».
Tornando ai fatti di Verona, secondo il leader di An – che nel frattempo ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza del partito – «la società si deve interrogare sul perché questi giovani danno vita a questi comportamenti». «Si tratta di episodi gratuiti, fenomeno diffuso non solo in Italia ma anche in altri Paesi – spiega Fini -. Sono giovani che presi uno per uno, nove volte su dieci sono dei vili». Tolleranza zero, dunque? «Certo. Non è che uno è delinquente se è immigrato e non lo è se nasce sotto i portici di casa nostra».
Le affermazioni di Fini provocano l’immediata reazione della sinistra radicale. Iacopo Venier, della segreteria nazionale del PdCI, afferma che «nel momento in cui tutti dovrebbero piangere la morte di un ragazzo, unirsi al dolore della famiglia e chiedere la massima punizione per gli assassini, assistiamo invece ad una serie di basse speculazioni politiche. Tra queste la più grave è certo quella del presidente della Camera che assolve i picchiatori fascisti e si prepara a scatenare nuove repressioni violente come quelle che egli comandò a Genova». Per Salvatore Cannavò, esponente di Sinistra critica, le parole di Fini sono «allucinanti e incredibili». «Mettere sullo stesso piano l’incendio di una bandiera con un barbaro omicidio – spiega – non solo costituisce una assoluta mancanza di rispetto per il dolore di due genitori a cui la barbarie ha strappato il figlio, ma il sintomo della cultura di fondo del neo presidente della Camera».
Passano pochi minuti e arriva la contro-replica di Fini: «Vorrei capire: quando ho assolto i naziskin? Quando ho detto che ci accingiamo a repressioni come quelle di Genova? Sono polemiche non so quanto autorevoli, che dimostrano che quando non si hanno argomenti per polemizzare si inventano». «Io non capisco queste polemiche, bisognerebbe preoccuparsi di dichiarazioni come queste, i naziskin di Verona sono da condannare e i due fenomeni non sono paragonabili tra di loro – ribadisce il presidente della Camera – Di che cosa meravigliarsi? Non si lamentino quelli della sinistra se sono fuori dal Parlamento, sono portatori di posizioni non dico estremiste ma minoritarie, tanto da non raggiungere il quorum per essere presenti in Parlamento». «I naziskin di Verona sono dei pazzi criminali assassini – scandisce Fini – la violenza che c’è in alcune frange della società nei confronti dello Stato di Israele è una violenza di tipo politico ideologico, non perché i naziskin non avessero una distorta ideologia nazista nella testa, ma i due fenomeni non sono paragonabili tra di loro».
Sull’episodio di Verona interviene anche il presidente del Senato, Renato Schifani: «Tolleranza zero, ma anche certezza della pena: davanti a questi gesti di violenza lo Stato sarà rigorosissimo». «Sono giovani che non stanno bene, che non hanno equilibrio – aggiunge Schifani, sempre durante la registrazione della puntata di "Porta a porta" -. Giovani che chiedono di essere rieducati. È come se ci fosse un pezzo della gioventù italiana che non riesce a trovare un suo percorso e la severità della pena va coniugata con la funzione rieducativa».
