In quel luogo senza legge senza Stato, in quel “buco nero” della civiltà e della geografia che è diventata la Somalia, una giornalista è stata prima rapita e poi ridotta in schiavitù. Questa la sorte della canadese Amanda Lindhout, rapita in Somalia lo scorso 23 agosto insieme al collega Nigel Brennan. Lo rivela Yussuf Hassan, un reporter locale che l’ha vista da lontano in una casa di Bakara Market, la zona centrale e più pericolosa di Mogadiscio: «Non mi hanno fatto avvicinare. Lei aveva il velo e la pelle molto bianca, mentre il suo collega era seduto un po’ più distante», ha rivelato il reporter.
Secondo i quotidiani locali, Amanda, pelle bianchissima, esile, capelli biondi, 28 anni, sarebbe diventata una schiava del sesso, violentata ogni giorno a turno dai suoi rapitori. Nigel invece sarebbe stato costretto a sposare un paio di donne somale, naturalmente dopo essersi convertito all’Islam. La versione del sito internazionale “Jihad Watch” aggiunge un particolare ancora più drammatico: uno dei suoi rapitori l’avrebbe costretta a diventare sua moglie, dopo averla violentata. Ora la giornalista-schiava sarebbe incinta.
Ma uno dei rapitori, di nome Idriss, smentisce: «Amanda non è incinta e Niger non è sposato. I due stanno bene ed i rapitori chiedono due milioni e mezzo di dollari, ma io non ho preso parte al sequestro». Fonti dell’ambasciata canadese a Nairobi rivelano che per i due giornalisti sono stati messi a disposizione 250 mila dollari.