La gigantesca superpetroliera Sirius Star, battente bandiera liberiana ma di proprietà arabo saudita, è stata sequestrata sabato mattina dai pirati somali a 450 miglia nautiche, (cioè 830 chilometri) al largo delle coste del Kenya (a sud est di Mombasa), in acque considerate finora sicure.
DUE MILIONI DI BARILI DI GREGGIO – Nelle stive della Sirius Star sono stipati due milioni di barili di greggio (un quarto della produzione giornaliera saudita) diretti negli Stati Uniti, via Capo di Buona Speranza (dal canale di Suez la nave cisterna non riuscirebbe a passare). Il carico di oro nero vale 100 milioni di dollari. Ora i pirati la stanno dirigendo verso il porto di Eyl, nella Somalia settentrionale, seicento chilometri a nord di Mogadiscio. Il sequestro ha fatto alzare il costo del barile di un dollaro alla borsa di Londra. L’attacco non ha precedenti di questo genere. A bordo della gigantesca imbarcazione ci sono 25 membri di equipaggio: croati, britannici, filippini e polacchi e sauditi. Lunga 330 metri, 318 mila tonnellate, la Sirius Star è una delle 19 gigantesche navi gestite dalla Vela International Marine (con sede a Dubai) il braccio marittimo della multinazionale governativa saudita ArAmCo (Arabian American Oil Company), la società legata a doppio fine alle compagnie americane del petrolio. Sul mercato internazionale viene definita VLCC (Very Large Crude Carrier). Il costo di una petroliera di questo tipo oscilla tra i 140 e i 150 milioni di dollari. A causa delle dimensioni è impossibile attraccare nella maggior parte dei porti esistenti. Infatti l’approdo richiede banchine in acque profondissime. Il carico e lo scarico avvengono quindi attraverso terminali al largo o utilizzando piccole petroliere. Il varo, avvenuto in Corea del Sud nel marzo scorso, è stato segnato da un evento eccezionale: la madrina era una donna saudita, prima volta nella storia del regno wahabita.
LE TRATTATIVE PER IL RILASCIO – Mentre la nave è ancora in navigazione verso Eyl sono cominciate la trattative per il rilascio. I pirati, comunque, hanno beffato la ventina di navi da guerra, di quasi altrettante nazioni (di cui tre sotto comando Nato), che incrociano al largo delle coste somale dell’Oceano Indiano e del Golfo di Aden, con il compito di proteggere le navi commerciali dalla pirateria: si sono spostati semplicemente più a sud, in una zona senza alcun controllo internazionale. L’abilità dei corsari del mare somali è stata in qualche modo sottolineata anche dal capo di stato maggiore dell’esercito americano, l’ammiraglio Mike Mullen: «E’ gente molto ben addestrata che utilizza tecnologia sofisticate, telefoni satellitari e apparati GPS. Scelgono con attenzione il punto del mare dove abbordare. Adesso con gli ostaggi a bordo sarà difficile riprendere il controllo della petroliera». Ormai gli attacchi alle navi in navigazione al largo del Corno d’Africa sono pluriquotidiani. Non tutti per fortuna vanno a buon fine. Dall’inizio dell’anno sono state sequestrate più di sessanta navi. Nelle mani dei pirati ne restano 12, tra cui il cargo Faina catturato in settembre, carico di armi pesanti, compresi 33 carri armati. Duecentocinquanta i membri d’equipaggio prigionieri. Negli ultimi giorni sono caduti in trappola un cargo Giapponese, un peschereccio cinese e una nave turca che trasporta prodotti chimici. Normalmente questi attacchi si risolvono con un negoziato e il pagamento di un riscatto ma nel caso della Sirius Star, dato l’alto valore del carico, gli osservatori si aspettano una risposta militare.
