SPESA SANITARIA CONTINUA A CRESCERE PIU’ DEL PIL

La spesa sanitaria italiana continua a crescere, e più rapidamente del Pil. Al punto che nel 2010 la forbice tra finanziamento statale e spesa rischia di aprire una voragine di 10 miliardi di euro. A rilevarlo è il VI Rapporto Sanità del Ceis (Centro Interdipartimentale di Studi Internazionali sull'Economia e lo Sviluppo dell'università Tor Vergata di Roma) presentato a Roma.

SPESE HANNO IMPOVERITO 350 MILA FAMIGLIE – Gli italiani pagano di tasca propria un gran numero di prestazioni sanitarie, che influiscono pesantemente sulla gestione economica della famiglia. Sono infatti poco meno di 350 mila , 349.180 per la precisione, le famiglie italiane (pari all'1,5% del totale) che nel 2006 si sono impoverite a causa di spese sanitarie impreviste, di cui si sono dovute far carico, secondo il VI Rapporto Sanità del Ceis. A queste si aggiungono 861.383 famiglie (3,7%) che sono state soggette a 'spese catastrofiche', per effetto dell'incidenza sui loro bilanci delle spese sanitarie 'out of pocket'. "E senza un assetto istituzionale appropriato e un ridimensionamento ben calibrato del modello di compartecipazione, il federalismo – dice il Ceis – rischia di inasprire le differenze già evidenti tra servizi sanitari regionali".

IN SPESA PRO-CAPITE NETTA DIVISIONE NORD-SUD – I dati sulla spesa sanitaria nelle Regioni confermano, secondo il rapporto sanità del Ceis, la netta divisione tra Nord e Sud. Se la media nazionale pro-capite é di 1.744 euro, in Trentino Alto Adige, Lazio e Valle d'Aosta supera i 1.970 euro, mentre in Basilicata e Calabria la cifra scende a meno di 1.600 euro. E anche per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale, nonostante una sostanziale omogeneità nei ticket, non è garantita l'equità. L'adozione di nomenclatori tariffari differenti comporta infatti una diversa incidenza di costi sui pazienti. L'iniquità c'é anche tra la popolazione, visto che gli anziani sono i più fragili, insieme ai nuclei con tre o più figli.

MENO OSPEDALI E TAGLI POSTI LETTO DISOMOGENEI – Gli ospedali rimangono l'area che assorbe maggiori risorse all'interno del settore sanitario. Nonostante il numero complessivo delle strutture si sia ridotto del 7,9% tra il 2000 e 2006, non c'é stata una proporzionale riduzione del personale che anzì è leggermente aumentato. In particolare sono cresciuti medici (+1,87%) e figure amministrative (+2,05%), meno il personale infermieristico (+0,09%), mentre è calato il personale tecnico (-2,32%). Sono alcuni dei dati presenti nel VI Rapporto Sanità del Ceis dell'università Tor Vergata, presentato oggi a Roma, Anche la generale contrazione dei posti letto è stata applicata secondo modalità differenti. Se in alcune Regioni si é assistito alla riduzione del numero di strutture di ricovero, soprattutto pubbliche, in altre è stata ridimensionata la dotazione media delle strutture esistenti. Ad esempio in Veneto c'é stata una contrazione del 42,1% delle strutture e del 15,4% dei posti letto, e in Friuli Venezia Giulia dell'8,3% di strutture e 21,1% di posti letto. Nettamente in controtendenza il Molise, con un significativo incremento di strutture (+22,2%) e posti letto (+16,6%). "La sensazione – si legge nel rapporto – è che le politiche di riduzione dei posti letto siano spesso un'operazione di facciata, mancando una reale razionalizzazione del settore". "Fallimentare", dice l'indagine, il meccanismo di pagamento a prestazione. La tariffa media regionale evidenzia infatti differenze che sfiorano il 60%. Le Regioni con le tariffe più elevate sono Friuli Venezia Giulia (+33,7% della media nazionale), Umbria (+27,2%) e la Provincia Autonoma di Trento (+21,9%). Quelle con i livelli tariffari più bassi Veneto (-11,3%), Abruzzo (-11,8%) e Marche (-15,4%).

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