Il governo ha scelto lo strumento per sostenere le banche: in arrivo ci sono prestiti obbligazionari per integrare i ratios patrimoniali. Ma, sia chiaro, l’obiettivo non è aiutare gli istituti di credito quanto l’economia reale, tenendo aperto il canale del finanziamento alle imprese e alle famiglie. A delineare la strategia, che sarà concretizzata in un nuovo decreto, è il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel corso di una audizione in Commissione Finanze, al Senato.
«Le scelte fatte a livello europeo individuano uno strumento sul quale ci stiamo orientando: il prestito obbligazionario», afferma il ministro, spiegando il meccanismo all’esame del ministero dell’Economia: «Il Tesoro fa un’emissione obbligazionaria e la liquidità acquisita viene utilizzata per sottoscrivere obbligazioni che integrino il core tier 1 delle banche». Quello che è certo, aggiunge, è che la misura sarà «un elemento del decreto per sostenere l’economia». E anche che le eventuali emissioni «saranno compensate tra credito e debito e non avranno impatto sul debito netto», spiega il ministro. Il numero uno di via XX Settembre insiste, quindi, su un concetto che ormai sostiene da settimane: i decreti approvati dal governo «non servono a salvare le banche ma servono a salvare il risparmio», che, ricorda, «è un bene pubblico, tutelato dalla Costituzione». Ora, scandisce, «non vogliamo dare soldi alle banche ma all’economia».
Allo stesso modo, Tremonti ribadisce che lo Stato non ha alcun interesse ad entrare nel capitale degli istituti di credito. Le banche «facciano le banche» e i governi «facciano i governi», perchè «entrare nelle banche nuoce gravemente alla salute», sintetizza ancora una volta. Così come il ministro non usa mezzi termini affermando che «se una banca fallisce, i banchieri vanno a casa o in galera». Guardando al nuovo intervento in preparazione, il ministro evidenzia che gli obiettivi saranno «fortemente diversi» rispetto a quelli dei due provvedimenti già approvati. La priorità, ora, è quella di «assicurare finanziamento alle imprese, tenedo aperto il canale dall’economia finanziaria all’economia reale», per «evitare che una crisi bancaria intensa abbia effetti negativi sull’economia attraverso una restrizione del credito».
Tremonti ricorda che «c’è stata una discussione fra i ministeri dell’economia dei Paesi europei e con la Commissione Ue e la Bce e sono stati definiti i criteri di intervento che corrispondono a una logica comune, evitando la distorsione del mercato con aiuti di Stato che restano vietati». Proprio in chiave europea, ci sono buone chance che venga accolta una proposta avanzata dallo stesso ministro: «per sostenere la domanda pubblica abbiamo chiesto di mettere in rete le casse depositi e prestito europee sotto la Bei. È possibile che questo piano sia approvato entro la fine dell’anno». Poi, il ministro respinge ogni addebito al governo in merito ai tempi degli interventi anticrisi per le famiglie e le imprese. «Non siamo in ritardo», afferma, sottolineando che «nessun paese europeo ha adottato provvedimenti prima dell’Ecofin della scorsa settimana».
Tremonti coglie anche l’occasione per rivendicare lungimiranza nella definizione del quadro di finanza pubblica già in luglio. Il governo «ha impostato il bilancio pubblico in una strategia di crisi in arrivo», ricorda, riferendosi ai parlamentari: «immaginate cosa sarebbe oggi con saldi finanza pubblica aperti». Il ministro fa anche riferimento alla campagna elettorale: «leggete i programmi, in uno c’è scritto miracolo, nell’altro una crisi che arriva e che si aggrava. Ci sono due visioni, una positiva e ottimista, una realista». Al realismo è improntata anche la risposta cui si affida Tremonti per replicare a chi chiede se sia possibile una sospensione degli acconti fiscali di fine anno per imprese e famiglie. «Stiamo riflettendo» ma «oltre ad un problema di liquidità per l’economia» c’è anche «un problema di liquidità per il Tesoro: certi flussi, di entrate e uscite, sono pianificati e in funzione di quelli vengono fatte le emissioni di titoli».
Il Tesoro, conclude il ministro, «non è un’entità astratta, ma sanità, scuola, stipendi…». Il ministro, nel contraddittorio con i parlamentari, mostra sicurezza nell’affrontare quelli che ritiene dei luoghi comuni. A costo di utilizzare parole inequivocabili. «Ne ho piene le scatole di sentir parlare di invenzioni. Lo strumento principe della finanza creativa sono le cartolarizzazioni. Le ha fatte per la prima volta Ciampi nel 1998. Io non c’entro un tubo, ho dovuto proseguire su quella strada. Non so se fosse giusta o sbagliata. Ma per il copyright della finanza creativa chiedete al dottor Ciampi», scandisce, replicando ad una domanda. Tremonti, interrogato da un parlamentare, glissa invece una domanda su possibili interventi sulle fondazioni di origine bancaria. Prima si porta la mano alla bocca e muovendo il labbro inferiore si limita a produrre il suono "bbbrrr". Poi, dopo essersi chiesto se nello stenografico comparirà la parola "bbbrrr", aggiunge: «non voglio parlare di interventi sulle fondazioni. Può essere che ci sia una discussione da fare sulle funzioni e le competenze delle fondazioni ma confesso che vorrei starne fuori data l’esperienza pregressa». Ovvero, la lunga battaglia chiusa con una pronuncia della Corte Costituzionale, che ha sancito la piena autonomia statutaria e gestionale degli enti.