Per il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan la sconfitta รจ un concetto poco familiare, ma il suo Partito Giustizia e Sviluppo (AK) lโha provato per la prima volta alle elezioni locali del 29 marzo scorso, quando gli elettori gli hanno dato solo il 39 per cento dei voti, a quanto scrive The Economist.
La percentuale รจ stata superiore a quella ottenuta dal suo rivale, il Partito per una Societร Democratica (DTP), ma pur sempre un notevole calo rispetto al 47 per cento ottenuto alle elezioni generali del 2007.
Erdogan, che aveva considerato la consultazione locale come un referendum su se stesso, non ha nascosto la sua delusione: lโAK ha perso 12 cittร , tra cui Siirt, dove eโ nata la moglie del primo ministro, Emine. Ha perso anche la cittร curda di Van, conquistata dal messaggio nazionalista del DTP che ha sconfitto il messaggio per un comune legame islamico di Erdogan.
Ma in ogni caso, osserva lโEconomist, le elezioni sono state una vittoria per la traballante democrazia turca. E mentre il partito di Erdogan si lecca le ferite, due insegnamenti emergono chiaramente.
Il primo รจ che Erdogan ha sostenuto che la crisi economica non ha colpito la Turchia, facendo infuriare gli elettori tra cui la disoccupazione eโ al 13,6 per cento (dati di dicembre). Il secondo รจ il decrescente desiderio di attuare le riforme la cui prospettiva ha indotto lโUnione Europea ad aprire negoziati nel 2005 per lโingresso della Turchia. La conseguenza รจ stata che i progressisti, finora i piรน entusiasti sostenitori dellโAK, questa volta non lโhanno votato.