Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini alza il tiro contro gli atenei che si oppongono alla riforma. Chi non rispetta la legge sulla cancellazione delle prove scritte e orali e sulla formazione delle commissioni dei concorsi sarà perseguito: «Abbiamo avvertito le università che non accetteremo comportamenti di questo genere e che li denunceremo».
La questione in ballo, ovvero quella delle selezioni per i ricercatori, è di certo spinosa per chi ha sventola la meritocrazia come baluardo delle proprie scelte politiche. Lo scorso dicembre il ministro ha modificato le norme, almeno sulla carta, promettendo posti ai più bravi. Secondo quanto denuncia l’Apri, l’Associazione precari della ricerca italiani: «Da due anni le selezioni sono bloccate» e scorrendo la penisola da nord a sud la situazione è sempre la stessa, perché su 26 atenei dove stanno per avere il via i concorsi da ricercatore solo 12 sono promossi per aver rispettato le regole della riforma Gelmini. Quindi in molti hanno ignorato le direttive ministeriali e il risultato è stato disarmante, soprattutto perché non hanno rispettato il sorteggio delle commissioni ai concorsi.
Da viale Trastevere arriva un monito ben preciso per le università, un avvertimento per chi pensa di mettere un tetto alle pubblicazioni da presentare. «È inaccettabile. Si tratta di una distorsione che va nella direzione opposta al merito che avevo impresso alla legge», afferma.
Il ministro Gelmini a nove mesi dalla riforma guarda al futuro, lavorando su un bilancio definito “positivo”: per quella che la Gelmini chiama “rivoluzione” bisogna ancora aspettare, ma per quanto riguarda il ritardo nella formazione delle commissioni assicura: «È una questione procedurale. C’è stato un allungamento dei tempi per una serie di responsabilità congiunte, ma ora stiamo cercando di intervenire per rimettere in moto il più in fretta possibile la macchina dei concorsi».