Per quasi due ore gli infermieri hanno cercato di trovare una vena idonea, senza però riuscirci a dispetto di diciotto tentativi consecutivi, prima in un braccio poi nell’altro. Anche il condannato, nonostante il dolore e le lacrime (perché l’ago ha toccato anche le ossa), si è dato da fare per aiutarli: spostandosi, strofinandosi il braccio, cambiando posizione. Tutto invano. Alla fine l’esecuzione è stata rinviata dal governatore dello stato, Ted Strickland, ma intanto il caso del Ohio è diventato un nuovo terreno di battaglia per gli oppositori della pena di morte.
Gli avvocati di Broom hanno denunciato l’episodio come una forma di “tortura” e hanno chiesto alla Corte suprema di bloccare l’esecuzione-bis almeno fino a quando l’uomo, che ha 53 anni, non si sarà ripreso dal trauma fisico e psicologico. Anche la Aclu (American Civil Liberty Union) è scesa in campo con una duplice speranza. Primo, una commutazione della sentenza. Secondo, che l’episodio dimostri una volta per tutta la tesi sostenuta da tempo dalla associazione per i diritti civili: cioè che le condanne a morte sono una forma di punizione “crudele e inusuale”, quindi non costituzionale.
Del resto è la terza volta che in Ohio si ripete un incidente simile. Per ora l’unico risultato dell’offensiva legale è che Broom darà lunedì prossimo, alla vigilia del nuovo appuntamento con il boia, una testimonianza sulla sua disavventura da usare nei processi federali.