Un quinto delle donne lavoratrici in Italia lascia il proprio impiego nei due anni successivi alla nascita del figlio. Ad asserirlo è uno studio della Banca d’Italia, che rileva, inoltre, come due terzi di quelle che abbandonano il lavoro dichiarano di averlo fatto volontariamente, nella difficoltà di conciliare vita familiare e lavoro.
La probabilità di uscita dal mercato del lavoro aumenta significativamente per le mamme sotto i 24 anni e per quelle con un grado di istruzioni inferiore. E triplica per le neomadri che al momento del concepimento lavoravano a tempo determinato, mentre è più bassa per le neomamme che lavorano nel settore pubblico. Ciò è probabilmente dovuto sia all’alto costo-opportunità di abbandono sia alla maggiore flessibilità consentita dall’impiego pubblico, soprattutto in termini di orari.
Nel settore privato invece, le probabilità di abbandono fra le neomamme aumentano per le operaie o impiegate e per le donne che lavorano nei settori del commercio e dei servizi. L’offerta di servizi all’infanzia riduce in modo significativo la probabilità di uscita della donna dal mercato del lavoro.
I nidi pubblici. Nelle regioni in cui è maggiore infatti la disponibilità di nidi pubblici per i bambini sotto i tre anni, la probabilità di lasciare volontariamente il lavoro scende di ben 5 punti percentuali. Tuttavia solo il 7% dei bambini sotto i tre anni frequenta nidi pubblici. La limitata diffusione e accessibilità di tali servizi di assistenza implica che la conciliazione tra lavoro e famiglia è principalmente basata sul sostegno dei nonni e della rete familiare.
I nonni. Dove non ci sono (o non si vogliono utilizzare i nidi pubblici) ci pensa, fortunatamente, la disponibilità dei nonni a dimezzare sia la probabilità di abbandono volontario sia quella più generale di essere fuori dal mercato del lavoro.
In Europa. Nello studio di Bankitalia, dal confronto tra i Paesi europei, l’Italia si caratterizza per un basso tasso di occupazione femminile, nonostante la significativa crescita registrata negli ultimi anni, oltre che per una penalizzazione anche in termini economici per le mamme lavoratrici che optano per il part-time. A differenza di altri Paesi, soprattutto del Nord Europa, dove la scelta del part-time viene invece apprezzata e considerata positiva per conciliare lavoro e famiglia. Anche la ripartizione dei compiti all’interno della coppia viene segnalata come fortemente sbilanciata rispetto ad altri Paesi Ue: un gap dovuto soprattutto alla tradizione e all’educazione femminile – si legge nel documento – solo di recente in via di limitazione.
